Pellicola, sensore: due supporti con differenti caratteri

Consigli e dritte su come rendere al meglio con la fotografia.
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fufluns
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Pellicola, sensore: due supporti con differenti caratteri

Messaggio da fufluns »

La fotografia contemporanea, per lo meno quella che percepiamo quotidianamente sotto forma di annunci pubblicitari e immagini di prodotti, ha abituato il nostro occhio a una nitidezza iperrealista e a schemi di illuminazione che - per quanto possano a volte apparire naturali - sono il risultato di di tecniche complesse e sofisticate. Per l'una cosa e per l'altra si richiedono apparecchiature molto specialistiche.

Gli apparecchi che si utilizzano per quelle immagini sono piuttosto diversi da quelli che l'appassionato usa comunemente. Nel novantanove per cento dei casi, sono immagini riprese su sensori di medio formato che, per lo meno negli ultimi dieci anni, partono da 50 milioni di fotosensori e spesso li eccedono abbondantemente. Non voglio aprire qui una discussione - fatta e rifatta - sul medio formato vs. full format. I professionisti delle immagini di prodotto utilizzano praticamente sempre sensori di medio formato, montati su fotocamere di medio formato o su fotocamere a elementi mobili di grande formato. Quanto agli schemi di illuminazione, le fotografie pubblicitarie che vediamo stampate sulle riviste o sui cartelloni lungo la strada, sono realizzati al novantanove per cento in studio, con flash da studio capaci, se il fotografo lo vuole, di "imitare" la luce naturale o di eccederne le qualità - ancora una volta - in modo iperrealista.

E' un fatto che la nostra percezione della fotografia fa i conti quotidianamente con questo super-realismo. Se aveste voglia di sfogliare qualche vecchio catalogo di prodotti fotografici o un vecchio libro di tecnica fotografica, dico vecchi di una ventina d'anni, notereste - così come me - che le fotografie sono quasi naïve quanto a risoluzione e illuminazione: colpisce il loro "sub-realismo". Sono, ai nostri occhi viziati dall'immagine contemporanea, quasi inaccettabili.

I produttori di apparecchiature fotografiche fanno peraltro di tutto per convincerci della necessità dell'iperrealismo fotografico, che richiede ovviamente sensori sempre più performanti e costosi, come se questo avesse - di per sé - qualcosa a che fare con la fotografia in senso generale. Cartier-Bresson, Salgado, Adams, Leibovitz, Basilico, Weston, Jodice, dico questi nomi sacri per citarne alcuni, hanno per lo più ignorato i fotosensori digitali. Così come altri grandi fotografi che invece ne fanno uso, si sono concentrati sulla fotografia.

Quello che maggiormente conviene al fotografo é uscire dall'equivoco della domanda se sia meglio la fotografia digitale o quella che si definisce oggi analogica (con un "contrario" che non ho mai capito, giacché il contrario di qualche cosa analogico, fondato sull'analogia, non é digitale, ma diverso, dissimile, difforme, disuguale).

Pellicola e sensore sono supporti con caratteri differenti. Vorrei provare a commentare questo punto con l'aiuto di alcune immagini create per questo scopo.

Qui ho utilizzato lo stesso obiettivo, uno Zeiss Makro-Planar 135 mm su tubo variabile, quasi al massimo ingrandimento possibile. La foto di sinistra é fatta con una Hasselblad 501CM su pellicola in bianco e nero (56x56 mm) Fomapan da 100 ISO. La foto di destra é fatta con la Hasselblad H5D sul suo sensore da 50MP (36.7 x 49.1 mm, poi tagliato a 36.7 x 36.7 mm, pari a circa 38MP), anch’esso esposto a 100ISO per un confronto più equo. Entrambe le coppie di immagini (borsa e cappello, borsa e fotocamera) sono esposte a f/13 per 2” (appena un poco di più nella foto su pellicola, per compensare il maggior ingrandimento). La pellicola é stata sviluppata in Ilfosol-3, diluizione 1+14, 20.5 gradi, per 7’30”. L’immagine sulla pellicola é stata poi fotografata con la Hasselblad H5D e invertita a positiva: qui è cosí come “esce” dalla fotocamera. L’immagine del sensore é stata esportata direttamente da Phocus in formato TIFF è convertita in bianco/nero senza aggiustamenti.

IMG_2967.jpg
IMG_2968.jpg

Io trovo che l’immagine ottenuta sul sensore (originale a colori, poi trasformato in B&W in post-produzione), con lo stesso identico obiettivo, sia molto più precisa, più esatta, più liscia, per certi aspetti più nitida, anche se paragonando tra loro le aree nitide la differenza in questo senso non é grande. Però, con tutto il rispetto, non é argentea, e per questo la trovo più fredda e impersonale. Una fotografia di prodotto.

L'immagine ripresa sulla pellicola è più calda, con un contrasto locale più alto, più vissuta. Con i suoi 8-9 stop di latitudine di esposizione, è incomparabilmente più critica del sensore quanto a esposizione. Potete vedere come quest’ultimo (con 13 EV di latitudine) risolve le ombre in modo più chiaro e pulito, ed è facilissimo da lavorare in post-produzione (anche se qui non ve ne è stato bisogno). Osservate anche come, sulle alte luci del cappello di paglia, il sensore conserva il dettaglio nelle alte luci senza problema. È fantastico.

Nella pratica, trovo che ci siano cose quasi impossibili da ottenere sulla pellicola, se uno si é abituato all’iperrealismo di un buon sensore digitale. Però ci sono atmosfere che sono quasi impossibili da ricondurre alla freddezza del sensore, dove la pellicola é imbattibile. Ho visto che ora esistono molti “profili” per imitare l’effetto della pellicola (di certe, determinate pellicole), tanto quella in bianco e nero come quelle a colori, probabilmente perché l’esigenza di quell’effetto é in qualche modo sentita da molti. Da quel che ho potuto osservare, però, é una imitazione molto caricaturale.

L’immagine della pellicola continua ad essere più argentea, e per certe applicazioni ha la sua particolarità, che apprezzo. Vi allego qui di seguito le due immagini su pellicola già lavorate, toned in un seppia caldo e leggermente bruciate sui bordi.

IMG_2969.jpg

Vi sono piccoli progetti fotografici nei quali trovo che la pellicola rappresenti il supporto più adeguato alla mia visione. Vi allego qui alcune foto dalle serie "Casa onirica" e "Inequilibri", tutte ripresa su pellicola di medio formato.

Casa onirica 21.jpg
Casa onirica 32tris.jpg
Casa onirica 25.jpg

Inequilibri (2).jpg
Inequilibri (4).jpg

So che posso ottenere un effetto analogo usando il sensore digitale, ma mi richiede una grande quantitá di lavoro in post-produzione e, alla fine, il risultato non é ugualmente magico.
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maylota
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Messaggio da maylota »

Sono paragoni molto piacevoli da leggere e credo anche abbastanza impegnativi da fare - non credo siano cose che si organizzino in cinque minuti, tanto per fare una prova al volo !

Sarebbe interessante capire come si comportano sensore e pellicola su stampa e non a video. Ossia immagine da pellicola stampata su carta con un ingranditore e procedimento chimico (saltando lo step di digitalizzazione necessario per far vedere le immagini a video) vs immagine da sensore stampata su carta. Sospetto che la stampa chimica abbia una "latitudine di posa" ancora minore del file da pellicola digitalizzato ma che l'effetto sia molto diverso. Ha senso?
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Messaggio da Koten90 »

maylota ha scritto: lunedì 12 dicembre 2022, 8:32 Sono paragoni molto piacevoli da leggere e credo anche abbastanza impegnativi da fare - non credo siano cose che si organizzino in cinque minuti, tanto per fare una prova al volo !
Pienamente d'accordo, ringrazio anche per lo spunto che mi permette di conoscere una tecnologia a me sconosciuta

Da 30enne cresciuto nell’epoca dei sensori e assuefatto all’iperrealismo del nuovo millennio, posso dirti che riconosco la presenza di quell’effetto magico di cui parli molto suggestivo, ma mi viene più da chiamarlo “effetto vintage”. È quell’effetto che mi aspetto di trovare in una rivista o in una mostra di materiale fotografico risalente agli anni ‘80-‘90, per quanto alcuni mostri sacri possano aver preferito continuare così anche oltre quel periodo.

Probabilmente per estrazione puramente anagrafica, mi viene da considerare questa resa della pellicola più un limite che un plus, ma credo sia più una concezione sulla filosofia della fotografia: sono uno di quelli che fa una fotografia per rappresentare la realtà, per fissare un ricordo. Se un panorama l’ho visto alle 12.45, per me non ha senso fotografarlo durante l’ora d’oro per avere le luci migliori. Preferisco piuttosto trovarmi sul posto all’ora d’oro per vivere la realtà quando è all’apice della sua bellezza. Non ci sono luci migliori o peggiori, nelle mie foto ci sono sempre esattamente le luci che ricordo in quel posto. La fotografia in funzione della realtà, non la realtà in funzione della fotografia, non so se mi spiego…

Per tornare a pellicola o sensore, trovo l’effetto della pellicola un limite perché se uno volesse una rappresentazione meno “enfatizzata” e contrastata, più reale appunto, credo dovrebbe rivolgersi a un’altra pellicola (non sono pratico, ma credo esistano pellicole diverse che non producono questo effetto e che, magari, vengono/vennero messe da parte proprio perché l’immagine resa è/era più piatta). Che fosse una moda?

A favore del sensore, mi viene da dire che la realtà rappresentata tal quale può essere enfatizzata, ma vedo piuttosto complicato, per contro, eliminare l’”effetto pellicola” per rendere la foto più realistica. Per dirla meglio: con la pellicola avrai sempre quell’effetto, anche se non desiderato, a meno di non usare una pellicola diversa con una resa diversa.

Da un altro punto di vista, potrebbe essere anche un escamotage per colmare un limite puramente tecnico: la maggiore gamma dinamica (o latitudine di esposizione, credo si equivalgano le due diciture) dei sensori permette una minore "compressione dell'istogramma", risultante in un'immagine meno contrastata, mentre è necessario che le immagini ottenute da pellicola siano più contrastate per riuscire a rappresentare bene anche ombre e alte luci che altrimenti sarebbero state fuori gamma e, quindi, nere/bruciate. Il contrasto potrebbe essere, quindi, un sintomo di un problema che abbiamo imparato ad apprezzare e di cui poi non ci siamo più curati travolti dall'entusiasmo per le immagini più fedelmente rappresentanti la realtà prodotte dai sensori.
maylota ha scritto: lunedì 12 dicembre 2022, 8:32 Sarebbe interessante capire come si comportano sensore e pellicola su stampa e non a video. Ossia immagine da pellicola stampata su carta con un ingranditore e procedimento chimico (saltando lo step di digitalizzazione necessario per far vedere le immagini a video) vs immagine da sensore stampata su carta. Sospetto che la stampa chimica abbia una "latitudine di posa" ancora minore del file da pellicola digitalizzato ma che l'effetto sia molto diverso. Ha senso?
Immagino proprio che ci sia una gran differenza. Tanto per dirne una, nel provare a stampare le mie astrofoto sviluppate in tiff a 16bit, su monitor ad alta fedeltà cromatica, con pixel a 14bit che riproducono uno spazio colore AdobeRGB al 98% che pesano X GB, non ho trovato un servizio di stampa che non mi richiedesse il jpg compresso (8bit) con conversione in sRGB (colori più spenti, soprattutto nel rosso). Ogni volta è una pugnalata dover convertire l'immagine sapendo di perdere un'infinità di sfumature e grande profondità sia sui colori che sulla luminanza.
Photoshop fa un gran lavoro nel cercare di mantenere tutto uguale, gli algoritmi di compressione sono eccellenti, ma da 2-5GB si scende sempre a 25-30MB e questo non può essere sinonimo di qualità.
Alessio Pariani

L’ottimismo è il sale della vita, l’umorismo ne è lo zucchero.
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Messaggio da maylota »

Koten90 ha scritto: lunedì 12 dicembre 2022, 8:52
Per tornare a pellicola o sensore, trovo l’effetto della pellicola un limite perché se uno volesse una rappresentazione meno “enfatizzata” e contrastata, più reale appunto, credo dovrebbe rivolgersi a un’altra pellicola (non sono pratico, ma credo esistano pellicole diverse che non producono questo effetto e che, magari, vengono/vennero messe da parte proprio perché l’immagine resa è/era più piatta). Che fosse una moda?
Se sia una moda" o più semplicemente una sensibilità diversa che nasce dal progresso tecnologico, non lo saprei dire. Provo a spiegarmi meglio:

Io sono nato fotograficamente quando l'unica cosa che potevo permettermi erano le diapositive (che stampate su Cibachrome venivano oggettivamente male) e il bianco e nero con la camera oscura casalinga.

Ora, con la camera oscura casalinga e le lunghissime discussioni con amici e compagni di scuola, mai e poi mai ci focalizzavamo sulla latitudine di posa della pellicola - era un dato di fatto e non il collo di bottiglia a patto di esporre bene, che era il punto più divertente.
Il problema era invece la carta di stampa, che a parte rari e costosi esempi, aveva sempre una latitudine inferiore a quella della pellicola e complice la nostra poca malizia con mascheramenti (questi assolutamente fondamentali) e rivelatori sofisticati portava a risultati MOLTO diversi da quelli che vedevamo sui libri di Ansel Adams.

Paradossalmente, se ai tempi dell'analogico avessimo avuto la possibilità di rifotografare digitalmente un negativo e di visualizzarlo su un monitor 5K calibrato (come si fa adesso) avremmo forse apprezzato la pellicola molto di più di allora.

Ma in questo modo, si parla ancora di pellicola o è piuttosto una tecnica ibrida?
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Pellicola, sensore: due supporti con differenti caratteri

Messaggio da piccardi »

Da dilettante profano con scarsa capacità tecnico/artistica (e attrezzatura commisurata alle capacità) ho letto con estremo interesse. Ed anche un po' di invidia...

Simone
Questo è un forum in italiano, per pietà evitiamo certi obbrobri linguistici:
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e per aiutare chi non trova un termine:
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Messaggio da fufluns »

maylota ha scritto: lunedì 12 dicembre 2022, 8:32 Sono paragoni molto piacevoli da leggere e credo anche abbastanza impegnativi da fare - non credo siano cose che si organizzino in cinque minuti, tanto per fare una prova al volo !

Sarebbe interessante capire come si comportano sensore e pellicola su stampa e non a video. Ossia immagine da pellicola stampata su carta con un ingranditore e procedimento chimico (saltando lo step di digitalizzazione necessario per far vedere le immagini a video) vs immagine da sensore stampata su carta. Sospetto che la stampa chimica abbia una "latitudine di posa" ancora minore del file da pellicola digitalizzato ma che l'effetto sia molto diverso. Ha senso?
Carissimo:

la camera oscura è l'unica parte dell'esperienza della fotografia su pellicola che non rimpiango. Stampare è veramente difficile, stampare bene molto più difficile e respirare tutti quei prodotti chimici, al buio, una vera sofferenza. Qui in Costa Rica, dove vivo, non ci sono laboratori che stampino il bianco e nero con ingranditore e la prova comparativa che mi suggerisce, realmente interessante, mi è impossibile da realizzare. Non mi resta che la "camera chiara".

Noto però che il sensore registra piuttosto bene quello che c'è nella pellicola e che la prova di entrambi i supporti "digitalizzati" (uno nativo), per quanto imperfetta, possa comunque dare un'idea del loro carattere.
Koten90 ha scritto: lunedì 12 dicembre 2022, 8:52
maylota ha scritto: lunedì 12 dicembre 2022, 8:32 Sono paragoni molto piacevoli da leggere e credo anche abbastanza impegnativi da fare - non credo siano cose che si organizzino in cinque minuti, tanto per fare una prova al volo !
Pienamente d'accordo, ringrazio anche per lo spunto che mi permette di conoscere una tecnologia a me sconosciuta

Da 30enne cresciuto nell’epoca dei sensori e assuefatto all’iperrealismo del nuovo millennio, posso dirti che riconosco la presenza di quell’effetto magico di cui parli molto suggestivo, ma mi viene più da chiamarlo “effetto vintage”. È quell’effetto che mi aspetto di trovare in una rivista o in una mostra di materiale fotografico risalente agli anni ‘80-‘90, per quanto alcuni mostri sacri possano aver preferito continuare così anche oltre quel periodo.

Probabilmente per estrazione puramente anagrafica, mi viene da considerare questa resa della pellicola più un limite che un plus, ma credo sia più una concezione sulla filosofia della fotografia: sono uno di quelli che fa una fotografia per rappresentare la realtà, per fissare un ricordo. Se un panorama l’ho visto alle 12.45, per me non ha senso fotografarlo durante l’ora d’oro per avere le luci migliori. Preferisco piuttosto trovarmi sul posto all’ora d’oro per vivere la realtà quando è all’apice della sua bellezza. Non ci sono luci migliori o peggiori, nelle mie foto ci sono sempre esattamente le luci che ricordo in quel posto. La fotografia in funzione della realtà, non la realtà in funzione della fotografia, non so se mi spiego…

Per tornare a pellicola o sensore, trovo l’effetto della pellicola un limite perché se uno volesse una rappresentazione meno “enfatizzata” e contrastata, più reale appunto, credo dovrebbe rivolgersi a un’altra pellicola (non sono pratico, ma credo esistano pellicole diverse che non producono questo effetto e che, magari, vengono/vennero messe da parte proprio perché l’immagine resa è/era più piatta). Che fosse una moda?

A favore del sensore, mi viene da dire che la realtà rappresentata tal quale può essere enfatizzata, ma vedo piuttosto complicato, per contro, eliminare l’”effetto pellicola” per rendere la foto più realistica. Per dirla meglio: con la pellicola avrai sempre quell’effetto, anche se non desiderato, a meno di non usare una pellicola diversa con una resa diversa.

Da un altro punto di vista, potrebbe essere anche un escamotage per colmare un limite puramente tecnico: la maggiore gamma dinamica (o latitudine di esposizione, credo si equivalgano le due diciture) dei sensori permette una minore "compressione dell'istogramma", risultante in un'immagine meno contrastata, mentre è necessario che le immagini ottenute da pellicola siano più contrastate per riuscire a rappresentare bene anche ombre e alte luci che altrimenti sarebbero state fuori gamma e, quindi, nere/bruciate. Il contrasto potrebbe essere, quindi, un sintomo di un problema che abbiamo imparato ad apprezzare e di cui poi non ci siamo più curati travolti dall'entusiasmo per le immagini più fedelmente rappresentanti la realtà prodotte dai sensori.
maylota ha scritto: lunedì 12 dicembre 2022, 8:32 Sarebbe interessante capire come si comportano sensore e pellicola su stampa e non a video. Ossia immagine da pellicola stampata su carta con un ingranditore e procedimento chimico (saltando lo step di digitalizzazione necessario per far vedere le immagini a video) vs immagine da sensore stampata su carta. Sospetto che la stampa chimica abbia una "latitudine di posa" ancora minore del file da pellicola digitalizzato ma che l'effetto sia molto diverso. Ha senso?
Immagino proprio che ci sia una gran differenza. Tanto per dirne una, nel provare a stampare le mie astrofoto sviluppate in tiff a 16bit, su monitor ad alta fedeltà cromatica, con pixel a 14bit che riproducono uno spazio colore AdobeRGB al 98% che pesano X GB, non ho trovato un servizio di stampa che non mi richiedesse il jpg compresso (8bit) con conversione in sRGB (colori più spenti, soprattutto nel rosso). Ogni volta è una pugnalata dover convertire l'immagine sapendo di perdere un'infinità di sfumature e grande profondità sia sui colori che sulla luminanza.
Photoshop fa un gran lavoro nel cercare di mantenere tutto uguale, gli algoritmi di compressione sono eccellenti, ma da 2-5GB si scende sempre a 25-30MB e questo non può essere sinonimo di qualità.
Bella risposta, Alessio!

Vorrei poter tornare indietro un giorno e non aver scritto dell'effetto magico della pellicola. Non c'è, di fatto, alcuna magia. È solo un supporto che si comporta alla sua maniera per le sue caratteristiche fisiche, e avrei dovuto non generalizzare neppure con il termine "pellicola": la prova è stata fatta su quella pellicola particolare. Altre si comportano in modo diverso. Con la sua quasi totale assenza di grana, una pellicola Ilford Pan-F, esposta a 18 ISO, assomiglia di piú all'effetto di un sensore di alta qualità, ma trovo comunque che tutte le pellicole bianco e nero che conosco (e ovviamente non le conosco tutte) abbiano tra loro piú parentela di quanto ognuna di esse abbia con un sensore.

Come scrivevo sopra, una Fomapan 100 non è migliore di un sensore, ma neppure peggiore: è diversa. La particolare "resa" della pellicola non è un limite, a patto di non partire dal presupposto che un supporto o l'altro rappresentino la realtà in modo piú fedele. Quella rappresentazione più “enfatizzata” e contrastata che offre la pellicola non è una sua invenzione, ma deriva anch'essa dalla realtà, così come quella più “liscia” del sensore. Non abbiamo ragioni per credere quali di queste rappresentazioni sia più fedele, ma sì una buona opportunità per scegliere di volta in volta quale supporto rappresenta nel modo migliore la nostra visione della realtà. Nella fotografia scientifica che pratico quotidianamente la secchezza del sensore mi è molto utile perchè lo sguardo del lettore si concentri sui dettagli, ma questo non è sempre quello che cerco di rappresentare.

La ampiezza relativa della gamma dinamica e la capacità di registrare una latitudine di esposizione maggiore o minore era senza dubbio un difetto della pellicola in bianco e nero, per non parlare di quella diapositiva, soprattutto in presenza di scene ad alto contrasto, ma le immagini ottenute in quel modo hanno ciononostante una loro "poetica" - ancora una volta, diversa da quelle altre "poetiche" rese possibili da supporti diversi. Per questo, Alessio, non preferisco gli uni agli altri a priori.

Cito qui maylota, quando ricorda come le stampe delle diapositive su Cibachrome fossero onestamente piuttosto orrende. Ma per la carta stampata e patinata delle riviste, i colori della diapositiva erano fantastici. Surreali? Iperreali? Però pur sempre una rappresentazione derivata dalla realtà!
maylota ha scritto: lunedì 12 dicembre 2022, 10:28
Koten90 ha scritto: lunedì 12 dicembre 2022, 8:52
Per tornare a pellicola o sensore, trovo l’effetto della pellicola un limite perché se uno volesse una rappresentazione meno “enfatizzata” e contrastata, più reale appunto, credo dovrebbe rivolgersi a un’altra pellicola (non sono pratico, ma credo esistano pellicole diverse che non producono questo effetto e che, magari, vengono/vennero messe da parte proprio perché l’immagine resa è/era più piatta). Che fosse una moda?
Se sia una moda" o più semplicemente una sensibilità diversa che nasce dal progresso tecnologico, non lo saprei dire. Provo a spiegarmi meglio:

Io sono nato fotograficamente quando l'unica cosa che potevo permettermi erano le diapositive (che stampate su Cibachrome venivano oggettivamente male) e il bianco e nero con la camera oscura casalinga.

Ora, con la camera oscura casalinga e le lunghissime discussioni con amici e compagni di scuola, mai e poi mai ci focalizzavamo sulla latitudine di posa della pellicola - era un dato di fatto e non il collo di bottiglia a patto di esporre bene, che era il punto più divertente.
Il problema era invece la carta di stampa, che a parte rari e costosi esempi, aveva sempre una latitudine inferiore a quella della pellicola e complice la nostra poca malizia con mascheramenti (questi assolutamente fondamentali) e rivelatori sofisticati portava a risultati MOLTO diversi da quelli che vedevamo sui libri di Ansel Adams.

Paradossalmente, se ai tempi dell'analogico avessimo avuto la possibilità di rifotografare digitalmente un negativo e di visualizzarlo su un monitor 5K calibrato (come si fa adesso) avremmo forse apprezzato la pellicola molto di più di allora.

Ma in questo modo, si parla ancora di pellicola o è piuttosto una tecnica ibrida?
Credo, maylota, che la tua espressione di "tecnica ibrida" sia più corretta, quando si parla della immagine che vediamo - infine - sullo schermo di un computer o su un foglio stampato. Ma l'immagine sulla pellicola, quella che permette tutte queste "interpretazioni", è pur sempre reale: non possiamo inventare, con lo scanner o il sensore di una fotocamera, né con il computer, ciò che la pellicola non ha registrato davvero!
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Messaggio da maylota »

fufluns ha scritto: lunedì 12 dicembre 2022, 22:57
Credo, maylota, che la tua espressione di "tecnica ibrida" sia più corretta, quando si parla della immagine che vediamo - infine - sullo schermo di un computer o su un foglio stampato. Ma l'immagine sulla pellicola, quella che permette tutte queste "interpretazioni", è pur sempre reale: non possiamo inventare, con lo scanner o il sensore di una fotocamera, né con il computer, ciò che la pellicola non ha registrato davvero!
Hai ragione.
Io ho il "difetto" di vedere le foto solo come stampate su carta. Insomma, finchè non è incorniciata e messa in una galleria d'arte (o a casa mia) non è una foto finita. E da questo punto di vista l'analisi del negativo/positivo su schermo è di utilità relativa. Ma in realtà hai ragione in quello che dici.

PS Il bello di questo forum è che si può discutere di queste cose. Le stesse cose dette in un forum di fotografia, c'era il rischio di qualcuno che veniva sotto casa all'alba per sfidare a duello?! ;)
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Messaggio da Automedonte »

Vi seguo affascinato ed ammirato pur capendo molto poco di quanto scrivete :clap: :clap:
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Messaggio da platax »

Carissimo,
innanzitutto grazie per aver condiviso i tuoi scatti, di tipo "still life": sono davvero bellissimi.
Le tue considerazioni sulla differente resa tra pellicola e sensore sono condivisibili.
Personalmente sono un fotoamatore dilettante da oltre 40 anni, quindi ho attrezzatura tanto a pellicola quanto a sensore e successiva elaborazione numerica.
A me, come fotografia, piace soprattutto quella naturalistica e di paesaggio.
Per la fotografia naturalistica (quindi genere differente da quello che hai analizzato in questo topic) il progresso tecnologico sta aiutando tantissimo ad ottenere scatti prima "quasi" impossibili da ottenere. Poter usare sensori e software che, in simbiosi, anche ricevendo poca luce consentono di avere un'immagine pulita e nitida ti consente di fotografare, ad esempio, uccelli in volo al tramonto con valori "ISO equivalenti" elevatissimi e tempi di scatto sufficientemente rapidi da evitare il mosso.
Inoltre, il sistema "sensori di ultima generazione + potere computazionale dei microprocessori inseriti nella fotocamera (ed anche nell'obiettivo)", riesce a gestire la messa a fuoco di un animale in movimento con grande precisione, addirittura riconoscendone l'occhio e tenendo la messa a fuoco su di esso durante una raffica.
Per questo tipo di impiego la fotografia "digitale" è molto avanti rispetto a quella "tradizionale".
In ogni caso, questo non toglie che anche io, quando posso, non mi neghi il piacere di caricare un rullo sulle mie vecchie Nikon a pellicola, svilupparlo da me e fare qualche stampa casareccia in camera oscura, con un vecchio ingranditore e le bacinelle varie, per gustarmi la magia dell'immagine che prende corpo sotto i miei occhi.
Ciao e grazie ancora per le bellissime foto!
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Messaggio da analogico »

Per quanto mi riguarda, ho sempre considerato la fotografia come “materia” quindi , per quanto mi riguarda, si inizia a concepire la foto con lo scatto , l’esposizione della pellicola, e si finisce col parto, la stampa.
Un negativo non è una fotografia, ma ne è l’embrione, la matrice necessaria ma non sufficiente.
Quando si espone un fotogramma, andrebbe fatto tenendo presente ciò che si vorrebbe ottenere in fase di stampa.
Il negativo buono è quello che si riesce a stampare con una certa facilità , senza dover ricorrere a manipolazioni e scelte estreme di compromesso. Il negativo buono è soprattutto quello da cui si produce una fotografia così come l’aveva pensata o previsualizzata il suo autore al momento dello scatto.
Alla luce di queste considerazioni personali , non riesco ad appassionarmi a comparazioni tra immagini ricavate da diversi supporti, digitalizzate in mille modi diversi , passate attraverso programmi di vario genere , visualizzate in maniera del tutto diversa a seconda del monitor su cui si osservano.
Ho guardato le immagini oggetto di questa discussione su tre schermi diversi e no he ricavato tre sensazioni diverse, in termini di luce, contrasto , profondità , dettaglio.
Ma se proprio dovessi esprimere un giudizio in maniera del tutto grossolana, nella comparazione delle foto con borsello cappello e fotocamera, secondo il mio gusto , la pellicola stravincerebbe a mani basse .
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Pellicola, sensore: due supporti con differenti caratteri

Messaggio da Iridium »

Koten90 ha scritto: lunedì 12 dicembre 2022, 8:52
maylota ha scritto: lunedì 12 dicembre 2022, 8:32 Sono paragoni molto piacevoli da leggere e credo anche abbastanza impegnativi da fare - non credo siano cose che si organizzino in cinque minuti, tanto per fare una prova al volo !
Pienamente d'accordo, ringrazio anche per lo spunto che mi permette di conoscere una tecnologia a me sconosciuta

Da 30enne cresciuto nell’epoca dei sensori e assuefatto all’iperrealismo del nuovo millennio, posso dirti che riconosco la presenza di quell’effetto magico di cui parli molto suggestivo, ma mi viene più da chiamarlo “effetto vintage”. È quell’effetto che mi aspetto di trovare in una rivista o in una mostra di materiale fotografico risalente agli anni ‘80-‘90, per quanto alcuni mostri sacri possano aver preferito continuare così anche oltre quel periodo.

Probabilmente per estrazione puramente anagrafica, mi viene da considerare questa resa della pellicola più un limite che un plus, ma credo sia più una concezione sulla filosofia della fotografia: sono uno di quelli che fa una fotografia per rappresentare la realtà, per fissare un ricordo. Se un panorama l’ho visto alle 12.45, per me non ha senso fotografarlo durante l’ora d’oro per avere le luci migliori. Preferisco piuttosto trovarmi sul posto all’ora d’oro per vivere la realtà quando è all’apice della sua bellezza. Non ci sono luci migliori o peggiori, nelle mie foto ci sono sempre esattamente le luci che ricordo in quel posto. La fotografia in funzione della realtà, non la realtà in funzione della fotografia, non so se mi spiego…

Per tornare a pellicola o sensore, trovo l’effetto della pellicola un limite perché se uno volesse una rappresentazione meno “enfatizzata” e contrastata, più reale appunto, credo dovrebbe rivolgersi a un’altra pellicola (non sono pratico, ma credo esistano pellicole diverse che non producono questo effetto e che, magari, vengono/vennero messe da parte proprio perché l’immagine resa è/era più piatta). Che fosse una moda?

A favore del sensore, mi viene da dire che la realtà rappresentata tal quale può essere enfatizzata, ma vedo piuttosto complicato, per contro, eliminare l’”effetto pellicola” per rendere la foto più realistica. Per dirla meglio: con la pellicola avrai sempre quell’effetto, anche se non desiderato, a meno di non usare una pellicola diversa con una resa diversa.

Da un altro punto di vista, potrebbe essere anche un escamotage per colmare un limite puramente tecnico: la maggiore gamma dinamica (o latitudine di esposizione, credo si equivalgano le due diciture) dei sensori permette una minore "compressione dell'istogramma", risultante in un'immagine meno contrastata, mentre è necessario che le immagini ottenute da pellicola siano più contrastate per riuscire a rappresentare bene anche ombre e alte luci che altrimenti sarebbero state fuori gamma e, quindi, nere/bruciate. Il contrasto potrebbe essere, quindi, un sintomo di un problema che abbiamo imparato ad apprezzare e di cui poi non ci siamo più curati travolti dall'entusiasmo per le immagini più fedelmente rappresentanti la realtà prodotte dai sensori.
maylota ha scritto: lunedì 12 dicembre 2022, 8:32 Sarebbe interessante capire come si comportano sensore e pellicola su stampa e non a video. Ossia immagine da pellicola stampata su carta con un ingranditore e procedimento chimico (saltando lo step di digitalizzazione necessario per far vedere le immagini a video) vs immagine da sensore stampata su carta. Sospetto che la stampa chimica abbia una "latitudine di posa" ancora minore del file da pellicola digitalizzato ma che l'effetto sia molto diverso. Ha senso?
Immagino proprio che ci sia una gran differenza. Tanto per dirne una, nel provare a stampare le mie astrofoto sviluppate in tiff a 16bit, su monitor ad alta fedeltà cromatica, con pixel a 14bit che riproducono uno spazio colore AdobeRGB al 98% che pesano X GB, non ho trovato un servizio di stampa che non mi richiedesse il jpg compresso (8bit) con conversione in sRGB (colori più spenti, soprattutto nel rosso). Ogni volta è una pugnalata dover convertire l'immagine sapendo di perdere un'infinità di sfumature e grande profondità sia sui colori che sulla luminanza.
Photoshop fa un gran lavoro nel cercare di mantenere tutto uguale, gli algoritmi di compressione sono eccellenti, ma da 2-5GB si scende sempre a 25-30MB e questo non può essere sinonimo di qualità.
Immagino proprio che ci sia una gran differenza. Tanto per dirne una, nel provare a stampare le mie astrofoto sviluppate in tiff a 16bit, su monitor ad alta fedeltà cromatica, con pixel a 14bit che riproducono uno spazio colore AdobeRGB al 98% che pesano X GB, non ho trovato un servizio di stampa che non mi richiedesse il jpg compresso (8bit) con conversione in sRGB (colori più spenti, soprattutto nel rosso). Ogni volta è una pugnalata dover convertire l'immagine sapendo di perdere un'infinità di sfumature e grande profondità sia sui colori che sulla luminanza.
Photoshop fa un gran lavoro nel cercare di mantenere tutto uguale, gli algoritmi di compressione sono eccellenti, ma da 2-5GB si scende sempre a 25-30MB e questo non può essere sinonimo di qualità.
Diversi anni addietro mi imbattei in un laboratorio che accettava anche tiff e in spazio colore diverso da rgb, certo che un file da 2 GB… in ogni caso per le mie stampe non mi serviva. Tieni presente comunque che alcuni accettano formati non compressi ma poi li comprimono loro prima della stampa con software magari meno performanti di PS, in quel caso meglio che la compressione la faccia tu. E poi… e poi… c’è il problema ancora più infido del profilo colore della stampante che spesso varia i colori rispetto a quelli che hai faticosamente ottenuto a monitor (con monitor calibrato ecc..) ma qui veramente si apre un mondo :wave:
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Pellicola, sensore: due supporti con differenti caratteri

Messaggio da fufluns »

maylota ha scritto: martedì 13 dicembre 2022, 16:34
fufluns ha scritto: lunedì 12 dicembre 2022, 22:57
Credo, maylota, che la tua espressione di "tecnica ibrida" sia più corretta, quando si parla della immagine che vediamo - infine - sullo schermo di un computer o su un foglio stampato. Ma l'immagine sulla pellicola, quella che permette tutte queste "interpretazioni", è pur sempre reale: non possiamo inventare, con lo scanner o il sensore di una fotocamera, né con il computer, ciò che la pellicola non ha registrato davvero!
Hai ragione.
Io ho il "difetto" di vedere le foto solo come stampate su carta. Insomma, finchè non è incorniciata e messa in una galleria d'arte (o a casa mia) non è una foto finita. E da questo punto di vista l'analisi del negativo/positivo su schermo è di utilità relativa. Ma in realtà hai ragione in quello che dici.

PS Il bello di questo forum è che si può discutere di queste cose. Le stesse cose dette in un forum di fotografia, c'era il rischio di qualcuno che veniva sotto casa all'alba per sfidare a duello?! ;)
platax ha scritto: martedì 13 dicembre 2022, 18:15 Carissimo,
innanzitutto grazie per aver condiviso i tuoi scatti, di tipo "still life": sono davvero bellissimi.
Le tue considerazioni sulla differente resa tra pellicola e sensore sono condivisibili.
Personalmente sono un fotoamatore dilettante da oltre 40 anni, quindi ho attrezzatura tanto a pellicola quanto a sensore e successiva elaborazione numerica.
A me, come fotografia, piace soprattutto quella naturalistica e di paesaggio.
Per la fotografia naturalistica (quindi genere differente da quello che hai analizzato in questo topic) il progresso tecnologico sta aiutando tantissimo ad ottenere scatti prima "quasi" impossibili da ottenere. Poter usare sensori e software che, in simbiosi, anche ricevendo poca luce consentono di avere un'immagine pulita e nitida ti consente di fotografare, ad esempio, uccelli in volo al tramonto con valori "ISO equivalenti" elevatissimi e tempi di scatto sufficientemente rapidi da evitare il mosso.
Inoltre, il sistema "sensori di ultima generazione + potere computazionale dei microprocessori inseriti nella fotocamera (ed anche nell'obiettivo)", riesce a gestire la messa a fuoco di un animale in movimento con grande precisione, addirittura riconoscendone l'occhio e tenendo la messa a fuoco su di esso durante una raffica.
Per questo tipo di impiego la fotografia "digitale" è molto avanti rispetto a quella "tradizionale".
In ogni caso, questo non toglie che anche io, quando posso, non mi neghi il piacere di caricare un rullo sulle mie vecchie Nikon a pellicola, svilupparlo da me e fare qualche stampa casareccia in camera oscura, con un vecchio ingranditore e le bacinelle varie, per gustarmi la magia dell'immagine che prende corpo sotto i miei occhi.
Ciao e grazie ancora per le bellissime foto!
analogico ha scritto: martedì 13 dicembre 2022, 19:13 Per quanto mi riguarda, ho sempre considerato la fotografia come “materia” quindi , per quanto mi riguarda, si inizia a concepire la foto con lo scatto , l’esposizione della pellicola, e si finisce col parto, la stampa.
Un negativo non è una fotografia, ma ne è l’embrione, la matrice necessaria ma non sufficiente.
Quando si espone un fotogramma, andrebbe fatto tenendo presente ciò che si vorrebbe ottenere in fase di stampa.
Il negativo buono è quello che si riesce a stampare con una certa facilità , senza dover ricorrere a manipolazioni e scelte estreme di compromesso. Il negativo buono è soprattutto quello da cui si produce una fotografia così come l’aveva pensata o previsualizzata il suo autore al momento dello scatto.
Alla luce di queste considerazioni personali , non riesco ad appassionarmi a comparazioni tra immagini ricavate da diversi supporti, digitalizzate in mille modi diversi , passate attraverso programmi di vario genere , visualizzate in maniera del tutto diversa a seconda del monitor su cui si osservano.
Ho guardato le immagini oggetto di questa discussione su tre schermi diversi e no he ricavato tre sensazioni diverse, in termini di luce, contrasto , profondità , dettaglio.
Ma se proprio dovessi esprimere un giudizio in maniera del tutto grossolana, nella comparazione delle foto con borsello cappello e fotocamera, secondo il mio gusto , la pellicola stravincerebbe a mani basse .
Gentilissimi:

sono assolutamente d'accordo con voi che una fotografia sia compiuta solo quando é stampata. Il confronto con il quale ho aperto questo intervento ha il valore che ha, perché in effetti entrambe le immagini (per poter essere osservate e discusse qui) sono digitali e perché ognuno di noi le vede sullo schermo che ha.

Però... Siccome entrambe le immagini sono riprese con lo stresso sensore (una dalla realtà, l'altra da un negativo), praticamente senza interpolazione, qualcosa di fatto insegnano sulla differenza tra i due supporti nativi.

Io non ho intenzione di discutere sula comodità (dove il digitale vince a mani basse), né sulla qualità e neppure - credetemi - sulle preferenze tra i due supporti, ma solo sul loro carattere. Non avendo "barato" sui risultati, mi pare che anche questa comparazione, per quanto assolutamente parziale e passata attraverso un software (come dice giustamente Antonio), fornisca uno spunto di riflessione utile, ancorché paragoniamo solamente la tappa embrionale dell'immagine finale. Avendo io fatto fatto uno sforzo perché le riprese fossero "uguali", credo che tutti notiamo che ne sono usciti due embrioni piuttosto diversi, ognuno con un suo carattere che non dipende dall'obiettivo né dalla luce, che sono gli stessi, ma piuttosto dal supporto di registrazione.

Quanto alla qualità di un negativo, concordo pienamente con te, Antonio. Per chi non abbia dimestichezza con la fotografia su pellicola é difficile a volte capire che un negativo che stampato a contatto magari si vede grigio possa essere stato esposto proprio per ottenere quel risultato, perché é il miglior negativo possibile per la stampare la fotografia che uno aveva in mente. Ma, ovviamente, questo é un altro tema...
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