Shikashi, lo scrivere perchè anziché perché è una questione di pigrizia e velocità; avrebbero dovuto invertire le e accentate sulla tastiera così da non dover premere il maiuscolo
Leggevo una volta un articolo dell'accademia della Crusca, che parlava dei vari studiosi che girano ascoltando come parlano le persone, che termini usano. Per poi inserirli nel dizionario se diventano comuni.
Un pò come in giurisprudenza dove un uso continuato e comune da parte della massa può diventare legge.
Vero che una lingua si evolve, ma con questo criterio se un addetto ai lavori gira in mezzo ad una marea di ignoranti significa che poi inserisce nel dizionario termini ignoranti?
Enbi, beato te che hai studiato il giapponese.
Maylota, guarda io sono quasi d'accordo anche sull'italianizzare i nomi propri stranieri. Se non che alcuni nomi sono intraducibili.
Specifico che non ho niente da condividere con i gerarchetti del tempo e di oggi (son tutto dall'altra parte
come idea non come politica perchè non voto), ma alcune cose le vedo come positive. L'adozione di termini stranieri, nel caso di questo argomento, porta direttamente o indirettamente anche ad adozione di usi e costumi stranieri, vedi halloween. Io sapevo a priori, alle prime avvisaglie, che sarebbe arrivato anche nella colonia, e così è stato.
In questi giorni mi sta capitando di leggere dei mensili di inizi anni '30, "Le Vie d'Italia" una pubblicazione del Touring Club (anche allora) Italiano. L'italiano è quello del ventennio, quello che si ascolta nei documentari dell'Istituto Luce raccontato da quel pupazzo con la voce odiosa che dice una marea di boiate. Però è bello, anche con i suoi termini che oggi sarebbero quantomeno singolari: montagne dalle cime "ardite", una camminata ad andatura "gagliarda".
Certo, alcune parole sembrano barzellette, ma altre descrivono bene il contesto.
Un'altra grossa involuzione è la sparizione dei tempi verbali. Si parla al presente, futuro e specialmente passato non esistono praticamente più. "Dante Alighieri
nasce... ", "Giulio Cesare
attraversa...", "il Cro-Magnon
vive...". Qui si usa sempre il presente riferito al futuro prossimo "...domani vado..., poi faccio...", di questo ebbi modo di scambiare qualche frase, casualmente, con una signora parecchi anni fà.
Anche lei diceva la stessa cosa.
Invece riallacciandomi all'argomento stretto di questo... argomento, l'ignoranza ma anche la supponenza degli angloamericani fà si che dovunque vadano, credano di essere a casa propria.
Tempo fà mi è capitato un episodio simile a quello capitato a Silvia. Ero al bar, entrò una ragazza americana chiedendo informazioni senza neanche salutare, chiedere "scusi?" ed ovviamente in inglese. La barista che non parla inglese cercava di spiegarle dove dovesse andare al che io prima dissi qualcosa alla ragazza, non ricordo precisamente cosa, poi aggiunsi "...sei tu che sei nel mio Paese, sei tu che devi parlare italiano..." ovviamente l'ignorante rispose "...si ma non mi stai aiutando" sempre in inglese.
Ecco, l'assunzione di termini stranieri comporta prima o poi anche l'assunzione degli usi, costumi e delle abitudini di un popolo. Che specialmente nel caso degli americani, significa tornare quasi al medioevo.