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La fine dell'italiano (e della sua terra di origine)

Inviato: sabato 8 novembre 2025, 23:35
da gianluca21
dopo tre paginate di . . .
questa sera per cena mi sono cucinato e addentato un "cane caldo" :
panino con wustel scaldati nel tostapane
buona digestione :shock:

La fine dell'italiano (e della sua terra di origine)

Inviato: domenica 9 novembre 2025, 1:31
da imluca
Automedonte ha scritto: sabato 8 novembre 2025, 17:47 Comunque delle varie parole che hai elencato, immagino scherzosamente, quella che eliminerei volentieri dal vocabolario e dall’uso è chef.
La odio ed odio anche gli chef, soprattutto quelli stellati ed in generale quelli presuntuosi.

CUOCO, CUOCA sono parole bellissime, se proprio vogliamo usarne un altra adoro Rezdora il top in cucina :thumbup:
Concordo su cuoco/a, lo trovo molto bello, chef a volte un po' snob.

La fine dell'italiano (e della sua terra di origine)

Inviato: domenica 9 novembre 2025, 1:33
da imluca
Ottorino ha scritto: sabato 8 novembre 2025, 18:36 @imluca dillo che ce l'hai con me !!

Anziche !!

Mi vuoi torturare ??
Sempre e comunque Ottorino, tipo bambola voodoo :D

La fine dell'italiano (e della sua terra di origine)

Inviato: domenica 9 novembre 2025, 9:56
da Enbi
Esme ha scritto: sabato 8 novembre 2025, 23:17 Ma parlando tedesco sicuramente il nome che gli avrà dato sarà molto poco puccioso. :lol:
Concordo :lol:
"tedesco puccioso" è un'antinomia :D

La fine dell'italiano (e della sua terra di origine)

Inviato: domenica 9 novembre 2025, 10:02
da Silvia1974
Enbi ha scritto: sabato 8 novembre 2025, 22:37 I primi tempi in cui mi ero messo a studiare giapponese mi era rimasto un po' il "ne" finale con significato di richiesta di conferma all'interlocutore (come dire: ...vero?), e risultavo dunque un po' torinese
Ahahah mi immagino :D

La fine dell'italiano (e della sua terra di origine)

Inviato: domenica 9 novembre 2025, 11:12
da lleo
Shikashi, lo scrivere perchè anziché perché è una questione di pigrizia e velocità; avrebbero dovuto invertire le e accentate sulla tastiera così da non dover premere il maiuscolo 8-)
Leggevo una volta un articolo dell'accademia della Crusca, che parlava dei vari studiosi che girano ascoltando come parlano le persone, che termini usano. Per poi inserirli nel dizionario se diventano comuni.
Un pò come in giurisprudenza dove un uso continuato e comune da parte della massa può diventare legge.
Vero che una lingua si evolve, ma con questo criterio se un addetto ai lavori gira in mezzo ad una marea di ignoranti significa che poi inserisce nel dizionario termini ignoranti?
Enbi, beato te che hai studiato il giapponese.
Maylota, guarda io sono quasi d'accordo anche sull'italianizzare i nomi propri stranieri. Se non che alcuni nomi sono intraducibili.
Specifico che non ho niente da condividere con i gerarchetti del tempo e di oggi (son tutto dall'altra parte come idea non come politica perchè non voto), ma alcune cose le vedo come positive. L'adozione di termini stranieri, nel caso di questo argomento, porta direttamente o indirettamente anche ad adozione di usi e costumi stranieri, vedi halloween. Io sapevo a priori, alle prime avvisaglie, che sarebbe arrivato anche nella colonia, e così è stato.
In questi giorni mi sta capitando di leggere dei mensili di inizi anni '30, "Le Vie d'Italia" una pubblicazione del Touring Club (anche allora) Italiano. L'italiano è quello del ventennio, quello che si ascolta nei documentari dell'Istituto Luce raccontato da quel pupazzo con la voce odiosa che dice una marea di boiate. Però è bello, anche con i suoi termini che oggi sarebbero quantomeno singolari: montagne dalle cime "ardite", una camminata ad andatura "gagliarda".
Certo, alcune parole sembrano barzellette, ma altre descrivono bene il contesto.
Un'altra grossa involuzione è la sparizione dei tempi verbali. Si parla al presente, futuro e specialmente passato non esistono praticamente più. "Dante Alighieri nasce... ", "Giulio Cesare attraversa...", "il Cro-Magnon vive...". Qui si usa sempre il presente riferito al futuro prossimo "...domani vado..., poi faccio...", di questo ebbi modo di scambiare qualche frase, casualmente, con una signora parecchi anni fà.
Anche lei diceva la stessa cosa.
Invece riallacciandomi all'argomento stretto di questo... argomento, l'ignoranza ma anche la supponenza degli angloamericani fà si che dovunque vadano, credano di essere a casa propria.
Tempo fà mi è capitato un episodio simile a quello capitato a Silvia. Ero al bar, entrò una ragazza americana chiedendo informazioni senza neanche salutare, chiedere "scusi?" ed ovviamente in inglese. La barista che non parla inglese cercava di spiegarle dove dovesse andare al che io prima dissi qualcosa alla ragazza, non ricordo precisamente cosa, poi aggiunsi "...sei tu che sei nel mio Paese, sei tu che devi parlare italiano..." ovviamente l'ignorante rispose "...si ma non mi stai aiutando" sempre in inglese.
Ecco, l'assunzione di termini stranieri comporta prima o poi anche l'assunzione degli usi, costumi e delle abitudini di un popolo. Che specialmente nel caso degli americani, significa tornare quasi al medioevo.

La fine dell'italiano (e della sua terra di origine)

Inviato: domenica 9 novembre 2025, 12:53
da Enbi
lleo ha scritto: domenica 9 novembre 2025, 11:12 Un'altra grossa involuzione è la sparizione dei tempi verbali. Si parla al presente, futuro e specialmente passato non esistono praticamente più. "Dante Alighieri nasce... ", "Giulio Cesare attraversa...", "il Cro-Magnon vive...". Qui si usa sempre il presente riferito al futuro prossimo "...domani vado..., poi faccio...", di questo ebbi modo di scambiare qualche frase, casualmente, con una signora parecchi anni fà.
Anche lei diceva la stessa cosa.
Il presente storico è un uso corretto dell'italiano, ma come dicevi tu un po' mi rende triste la perdita dell'uso di alcuni tempi, tra cui il passato remoto. Io in verità lo uso comunemente, sia quando parlo che quando scrivo, non è solo una questione di raffinatezza, ma di percezione della realtà: il passato remoto svolge la funzione che in latino svolgeva il perfetto, indica un'azione conclusa nel passato e ora chiusa, invece l'imperfetto indica un'azione i cui effetti continuano fino al momento in cui si parla. Usare solo il presente è un appiattimento della lingua e delle sfumature che l'italiano può esprimere.

Ma se vogliamo portare il discorso a un livello ancora più alto c'è la questione dell'italiano standard e delle parlate regionali: l'italiano standard è una lingua che a livello naturale non esiste, nessuno l'ha mai parlata "naturalmente", ma è frutto di specifiche scelte politico-culturali fatte all'indomani dell'unità d'Italia, che si basavano certo su convenzioni già esistenti (pensiamo al volgare fiorentino come lingua letteraria dopo Dante) ma che non rispecchiavano una realtà linguistica.
Accade dunque che l'italiano che parlo io, meridionale di nascita, non è uguale a quello di un torinese o un milanese non solo per l'accento e l'inflessione, ma anche per sintassi e costruzione. Un esempio lampante è il mettere i verbi alla fine della frase, una cosa che viene dalla sintassi latina e che è mantenuta da molte parlate meridionali.
Accade poi anche che l'italiano standard non preveda costruzioni e usi che in verità erano presenti in latino e che quindi filologicamente non sono "sbagliati": pensiamo al cosiddetto falso condizionale, ovvero l'imperfetto usato come condizionale (me lo potevi dire prima..., se lo sapevo, te lo dicevo...), che era perfettamente presente in latino ma che oggi se lo si scrive in un tema di italiano a scuola un bel segno rosso non te lo toglie nessuno.
Ecco, in casi come le parlate regionali o usi che vengono dal latino e che si sono mantenuti in alcune zone d'Italia, io sono d'accordo, perché lì si tratta intanto della propria identità regionale, poi di non allinearsi a uno standard di lingua non condivisa da tutti i parlanti della penisola (se non come lingua comune tra gli intellettuali), ma imposta da un governo che tra l'altro "aveva figli e figliastri".

Sulla cosa del verbo alla fine, ricordo un aneddoto che mi disse una professoressa giapponese all'università:
in giapponese il verbo va sempre alla fine (è una lingua rigidamente SOV), e quando lei arrivò in Italia inizialmente parlava un italiano che come sintassi ricordava il giapponese, dicendo ad esempio "Suzuki sono", poi quando le dissero che parlava come Montalbano smise :lol:

La fine dell'italiano (e della sua terra di origine)

Inviato: domenica 9 novembre 2025, 13:49
da Automedonte
lleo ha scritto: domenica 9 novembre 2025, 11:12



Invece riallacciandomi all'argomento stretto di questo... argomento, l'ignoranza ma anche la supponenza degli angloamericani fà si che dovunque vadano, credano di essere a casa propria.
Tempo fà mi è capitato un episodio simile a quello capitato a Silvia. Ero al bar, entrò una ragazza americana chiedendo informazioni senza neanche salutare, chiedere "scusi?" ed ovviamente in inglese. La barista che non parla inglese cercava di spiegarle dove dovesse andare al che io prima dissi qualcosa alla ragazza, non ricordo precisamente cosa, poi aggiunsi "...sei tu che sei nel mio Paese, sei tu che devi parlare italiano..." ovviamente l'ignorante rispose "...si ma non mi stai aiutando" sempre in inglese.
Ecco, l'assunzione di termini stranieri comporta prima o poi anche l'assunzione degli usi, costumi e delle abitudini di un popolo. Che specialmente nel caso degli americani, significa tornare quasi al medioevo.
Ho sempre sostenuto che gli Americani hanno tante qualità ma sono un popolo appena sfiorato dalla civiltà!

Con la mia citazione del Doge intendevo proprio questo, un tempo il latino con i Romani ed il Veneziano erano lingue dominanti perché eravamo forti, oggi veniamo colonizzati.

Alla ragazza avrei risposto che aiuto solo le persone educate ;)

La fine dell'italiano (e della sua terra di origine)

Inviato: domenica 9 novembre 2025, 14:14
da lleo
Enbi ha scritto: domenica 9 novembre 2025, 12:53Sulla cosa del verbo alla fine, ricordo un aneddoto che mi disse una professoressa giapponese all'università:in giapponese il verbo va sempre alla fine (è una lingua rigidamente SOV), e quando lei arrivò in Italia inizialmente parlava un italiano che come sintassi ricordava il giapponese, dicendo ad esempio "Suzuki sono", poi quando le dissero che parlava come Montalbano smise :lol:
L'avrebbero capita subito e perfettamente in Trinacria :mrgreen:
Sui dialetti sono d'accordo, così come sulle differenze generali: sono un arricchimento.
Circa l'italiano "corretto", quelli che in generale oggi lo parlano sono i sardi ed i toscani.

La fine dell'italiano (e della sua terra di origine)

Inviato: domenica 9 novembre 2025, 14:59
da Automedonte
@ileo


I Sardi??

La fine dell'italiano (e della sua terra di origine)

Inviato: domenica 9 novembre 2025, 15:48
da Gargaros
lleo ha scritto: sabato 8 novembre 2025, 12:01Addirittura ora usano anche pronunciare l'anno come i sottoculturati angloamericani, ossia venti venticinque anzichè duemila venticinque.
E quelli che dicono "Acca24"? :crazy:

Tra le aberrazioni che si sono affacciate da qualche tempo c'è anche la sparizione del punto interoggativo. Nei social è pieno di domande che non sono domande...

Sugli accenti io sono d'accordo. Per esempio ho sempre schifato la sparizione da "dai" (verbo), e infatti non lo ometto mai e non me ne frega se poi mi vengono a dare dell'ignorante. L'accento era necessario perché c'è un'omografa. Se hanno permesso questa sparizione, perché non temerne altre? Da "si" affermazione a "ancora", rischiamo di rendere le letture problematiche...

La fine dell'italiano (e della sua terra di origine)

Inviato: domenica 9 novembre 2025, 15:56
da Automedonte
Una espressione che non tollero è “trovare la quadra” :evil: ma dico, trovare una soluzione, trovare un accordo, trovare un compromesso, trovare una sintesi sono così brutte?

Io trovo che suonino meglio e si possa usare quella adatta al momento.

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Inviato: domenica 9 novembre 2025, 16:07
da Gargaros
imluca ha scritto: sabato 8 novembre 2025, 17:29 Ah quindi smetteremo di usare:
- garage
- bouquet
- chef
- balletto
- giacca
- parrucchiere
- corsia
- zucchero
- sciroppo
- arsenale
- albicocca
- carciofo
- zenzero
- zafferano
- computer
- mouse
- chat
- stress
- sport
- club
- bar
- yogurt
- divano
... potrei continuare per bel po' probabilmente.
Molte di quelle che dici sono state italianizzate e va bene così. Altre sono stranierismi relativamente recenti assolutamente futili (garage --> autorimessa). Altre sono parole per cose che non è possibile chiamare diversamente (mouse, yogurt, computer).

Non è una lotta senza quartiere a ogni contaminazione, ma è un grido disperato a una contaminazione che sta avvenendo senza freni, brutale, veloce, spiazzante, caotica. Il linguaggio che vediamo oggi già domani sarà diverso. Non è evoluzione, ma anarchia totale. In questo caos magmatico non può esserci nessuna evoluzione, mi dispiace. Ci sarà solo più caos.

La fine dell'italiano (e della sua terra di origine)

Inviato: domenica 9 novembre 2025, 16:48
da imluca
@Gargaros la stessa cosa l’avrà detta qualcuno qualche tempo fa e non è successo proprio nulla. No stress (se si può ancora dire).

La fine dell'italiano (e della sua terra di origine)

Inviato: domenica 9 novembre 2025, 17:34
da lleo
A parte che la televisione dovrebbe essere evitata a priori, ma poco fà ho appena visto una pubblicità in cui dicevano "...il tuo PET..." inteso come animale domestico.
Roba da ingoiare bile a tonnellate.