Io sono dell'opinione esattamente opposta ad Automedonte, perché le presunte "regole" dei piatti tipici, anche a me che ho "solo" 43 anni, sembrano variare anno per anno secondo moda.
Sono mezzo siciliano, vivo tra Lazio e Abruzzo, e posso dire che le regole prescrittivissime di questi ultimi anni non le avevo mai viste applicate nei decenni precedenti. Anzi, spesso e volentieri le regole prescrittivissime erano altre.
Ho mangiato ad Amatrice per anni: c'è chi giurava e spergiurava che l'amatriciana fosse bianca (senza pomodoro) e 3/4 dei locali e della popolazione locale l'hanno sempre servita con la cipolla finché, circa 20 anni fa, la cipolla è diventata tabù per non so quale motivo. Nelle case laziali la cipolla ci s'è sempre messa, comunque. Almeno fino al 2000 non ho mai mangiato una amatriciana senza cipolla e senza che nessuno si ponesse il problema se ci andava o meno.
Mangio carbonare da che sono nato e l'ho sempre mangiata ovunque con l'uovo buttato nella pentola dopo aver scolato l'acqua e spento il fornello, rappreso il giusto dal calore della pasta. Da 10 anni almeno invece pare che non si possa fare a meno di quella schifezza viscida della carbocrema.
(Tra l'altro la carbonara, ovviamente rubata dalla Capitale al centro-Italia, è di ovvia e incontrovertibile derivazione "cacio e ova", preparazione di mille piatti diffusa nell'entroterra laziale-abruzzese-molisano).
Sul guanciale c'era solo una prevalenza, ma sono sempre stati diffusi anche pancetta e perfino il prosciutto crudo.
E da Etneo ho sempre mangiato le granite, di cui ora nel 2025 sono tutti esperti. E giuro che non c'è una granita "originale" di quelle vendute (né in Sicilia, né fuori) che sia uguale a quelle che si mangiavano 30-40 anni dove sono nate (cioè attorno alle ghiacciaie dell'Etna).
Per non parlare della pizza, per cui per fortuna i napoletani hanno coniato l'espressione "contemporanea", perché nulla ha a che vedere con quelle diffuse in precedenza. O la pinsa, spacciata per anni come tradizione romana e poi giustamente ridimensionata a "modalità antispreco semi-industriale" di recentissima ideazione.
Addirittura una delle preparazioni localissime pasquali, il calascione (una sorta di panzerotto al forno ripieno di uova, formaggio ed eventualmente salsiccia), l'ho visto cambiare con i lustri e trovo persone disposte a giurare che è così da sempre, quando quelli tradizionali (diversi da quelli moderni) sono ancora in circolazione magari fatti dalle loro nonne... e di cui ho le foto.
Ci sono state persone che davanti alle foto di 20 anni prima mi hanno detto "ma no, questi li avevano sicuramente comprati in qualche altro comune".
La memoria si perde subito e anche in ambiti ristrettissimi.
E ancora: da che mondo è mondo le bruschette sono fette di pane abbrustolito pigiate sul fondo di un piatto oliato e poi condite con una passata di aglio. Ormai da 5 anni invece sembra che la bruschetta non sia tale se non abbia i pomodori sopra... (ma quella è una bruschetta al pomodoro, non una bruschetta e basta).
Quando sono arrivato a Roma per l'università nel 2002 i piatti tipici erano del tutto diversi dai piatti tipici del 2010 e del 2025.
Eppure trovo gente disposta a spergiurare che sono uguali dal 2000 avanti cristo
Insomma: le regole le fa la moda, la diffusione e chi strilla più forte.
Quindi al bando le regole.