Dai... Per una che ne ho (che mi piace molto, a cui tengo abbastanza e che ha pure un certo valore) ci terrei a preservarla da brutte sorprese...


Io tocco ferro perché la mia Omas in resina di cotone va che è una meraviglia. Nessun problema. Invece il problema ce l'ho con una Omas in celluloide.
Esme ha scritto: ↑sabato 20 settembre 2025, 20:13Se è una battuta, non l'ho capita.
Se non è una battuta, non l'ho capita lo stesso!
Come attesta la mia firma, tendo a non preoccuparmi e anche a lanciarmi in esperimenti un po' scriteriati. (Con le penne!)
E sono d'accordo con chi dice che la penna è uno strumento, non dobbiamo essere suoi schiavi mangiati dall'ansia.
Ma un po' di dati aiutano a prendere decisioni.
Io vado di acqua e pazienza.
Se l'acqua e, soprattutto, la pazienza non bastano, vado di bomba atomica (vedi sopra).
Non ho penne in "resina di cotone", però.![]()
Beh ora le domande sorgono spontanee:
Ma l'acetato di cellulosa viene usato anche per produrre fibre tessili. È il famoso rayon (brevetto Snia?), che alcuni spacciavano come seta. Poi quando facevi notare che non era seta ti rispondevano "ma è naturale".
E hai anche a sufficienza di penne dove mettere i giapponesi.
Sulle penne vintage in generale e su quelle in celluloide ho lo stesso approccio: solo i classici "antichi" lavabili (ovvero principalmente Pelikan 4001 Royal Blue, Waterman Serenity Blue, Aurora Nero). Dei Diamine non mi sono fidato, proprio per il problema del macchiare.sansenri ha scritto: ↑sabato 20 settembre 2025, 22:00 sulle penne in celluloide tendo ad usare i classici, Pelikan 4001, Waterman Serenity, Lamy, Aurora, e altri blu classici (non amo il nero).
Ho usato anche alcuni Diamine, ma la celluloide non ama gli inchiostri molto saturi, si macchia. Non che si deteriori ma poi pulirla diventa molto difficile, in alcuni casi impossibile, quindi sto su inchiostri non eccessivamente saturi e lavabili.
Secondo la fonte citata, gli Iroshizuku come anche i Sailor tendono in genere a essere decisamente basici. Mentre i Pelikan Edelstein risultano acidi ma non tanto (direi generalmente meno dei 4001)...sansenri ha scritto: ↑sabato 20 settembre 2025, 22:00 Sulle resine di cellulosa (diverse Omas, Paragon, Gentleman, Milord, Lady/1930, e varie Extra similari, ho usato anche inchiostri più saturi, anche Diamine, JH, KWZ, Montblanc. Non ricordo di aver usato gli Iroshizuku, ma magari vista questa discussione vedrò di evitarli (ho troppi altri inchiostri per preoccuparmi).
non sono esperto dell'uso dell'acetato di cellulosa, comunque sì, ma nel Rayon la fibra viene ricreata, facendo passare la soluzione attraverso degli ugelli, se ho ben capito.Esme ha scritto: ↑sabato 20 settembre 2025, 23:51Ma l'acetato di cellulosa viene usato anche per produrre fibre tessili. È il famoso rayon (brevetto Snia?), che alcuni spacciavano come seta. Poi quando facevi notare che non era seta ti rispondevano "ma è naturale".
E hai anche a sufficienza di penne dove mettere i giapponesi.![]()
Dal punto di vista del Ph è vero.
Chiedo scusa a tutti e tre: il messaggio di AlexO ieri non mi era comparso, per cui non avevo capito l'intervento di Ottorino e in sequenza nemmeno quello di Sansenri.
Con fibre tessili intendevo proprio quelle utilizzate nell'abbigliamento.
Il blu nero è considerato un po' ostico.
Sailor lo mettono a 9,6Esme ha scritto: ↑domenica 21 settembre 2025, 20:11Il blu nero è considerato un po' ostico.
Quello pacioso è il royal blu. (Acido pure lui comunque, anche se meno.)
Il blu nero è sempre stato descritto come un "semi ferrogallico".
Non so se lo è anche attualmente, ma lo era di sicuro nelle vecchie formulazioni, un po' come tutti i blu neri di una volta.
Una cosa che insegnano i ferrogallici è che i problemi con la cellulosa non nascono solo per il pH, ma anche nel caso non ci sia un corretto bilanciamento delle sue componenti.
Non mi ricordo il nome del produttore, ma ricordo che c'era stato un nero ferrogallico mal formulato che aveva dato tantissimi problemi. (Con la carta.)