Son belle cose, le penne, con i loro materiali e disegni e l’infinita varietà, i colori e i pennini per tutti i gusti, e poi le carte e gli inchiostri e quant'altri parafernalia ci possano venire in mente che si allacciano alla penna stilografica. E va bene, dunque, non c’é problema ad ammettere che con quattro-cinque penne uno sia già stato inghiottito dal verme cosmico del collezionismo, che unisce universi sempre nuovi ma dal quale non si esce…
Ma la domanda resta. Perché la penna, prima di tutto?
Ora, anche qui immagino ci siano eccezioni, ma le eccezioni sono lì per mostrare la regola generale: chi compra penne stilografiche, scrive.
Ed eccomi dunque arrivato al cuore del mio intervento, qui, alla tavola rotonda dei cavalieri della penna. Abbiamo penne, umili o sontuose, funzionali o scalchigne, piccole e grandi, per scrivere che cosa?
Io sono giunto alla conclusione che l’elenco degli inchiostri, il diario di viaggio, i pensieri sfusi, i fogli dei desiderata, le lettere e i bigliettini , e finanche il racconto breve o le note marginali allo scritto di qualcun altro, abbiano per chi scrive un denominatore comune, e che il genere non sia molto importante.
Aprire il quaderno, stendere il foglio, appoggiare il pennino sulla carta, é sempre un atto di curiosità e di scoperta, un viaggio verso se stessi di fronte all’ineluttabile alterità dell’universo intero. Scrivere é una ricerca di risposte a tutte le domande.