CONKLIN ENDURA Senior - 1929
- Musicus
- Collaboratore
- Messaggi: 2964
- Iscritto il: martedì 3 dicembre 2013, 20:33
- La mia penna preferita: Waterman Commando Music Nib
- Il mio inchiostro preferito: Waterman Bleu Sérénité
- Misura preferita del pennino: Flessibile
- Località: Bolzano
- Gender:
CONKLIN ENDURA Senior - 1929
Warning!
1) Se state cercando una stilografica nera, tornate pure agli “Argomenti Attivi”.
2) Se state cercando la versione moderna in plastica e acciaio a cartuccia, idem come sopra.
La penna
CONKLIN ENDURA taglia grande in celluloide verde tornita da barra piena, parti metalliche a vista laminate oro, corretto pennino Conklin Endura in oro 14 Carati, caricamento a levetta, produzione U.S.A. anno 1929.
Le misure
Chiusa: cm. 13,5 Cappuccio: cm. 6,0 Fusto: cm. 12,5 (con pennino cm.2,3) Con cappuccio calzato: cm. 17 (con pennino cm.2,3) Diametro massimo (agli anellini): mm. 15,0
Diametro fusto all’iscrizione: mm. 13,1
Diametro medio all'impugnatura: mm. 11,2
Peso (carica): gr. 22
Fusto: gr. 13
Marca e Modello
Chi volesse conoscere le interessanti vicende di questo grande Produttore, uno dei cinque maggiori americani “storici”, potrà fare riferimento al nostro formidabile Wiki:
https://www.fountainpen.it/Conklin/it
Per il modello, si consulti il capitolo ad esso dedicato
https://www.fountainpen.it/Endura
ove è anche possibile ammirare gli esemplari documentati dai Collezionisti.
Per parte mia inserirò nel corso della recensione le annotazioni che si renderanno necessarie.
Osservazioni
Non potrei non iniziare dal colore che, indubbiamente, è un verde!
E tuttavia, non il verde marmorizzato, perlescente e tridimensionale a cui ci ha abituato un gran numero di celluloidi, bensì un colore solido, vivace ma non brillante, decisamente “artificiale”, caoticamente movimentato come l’amalgama di due elementi che crei in superficie linee di correnti ed isole (macchie) di un colore diverso, e più scuro (nero), a ricordare il procedimento tipico del rimescolamento della gomma per la realizzazione dell’ebanite mottled rossa&nera (dove mottle=composto di colori diversi)…
Questo, in realtà, è addirittura il terzo tipo di celluloide verde impiegata dalla Conklin sulle Endura, con i primi due decisamente più chiari denominati dai collezionisti “lime green” (ma anche “zuppa di piselli” , dai non pochi detrattori): è un verde che in natura si ritrova molto simile nelle venature più chiare della malachite figurata del Congo, ma la sua maculatura a me personalmente evoca, beh…la buccia di un’anguria : e il nostro mini-cocomero ha anche l’ulteriore vantaggio di poterci “sorridere” con la sua originale interpretazione della “crescent” (mezzaluna), il simbolo storico della Casa di Toledo… …che omaggia lo storico sistema di caricamento delle prime Conklin anche sulla levetta e nel foro di aerazione del pennino della mia Endura…
Continua…
1) Se state cercando una stilografica nera, tornate pure agli “Argomenti Attivi”.
2) Se state cercando la versione moderna in plastica e acciaio a cartuccia, idem come sopra.
La penna
CONKLIN ENDURA taglia grande in celluloide verde tornita da barra piena, parti metalliche a vista laminate oro, corretto pennino Conklin Endura in oro 14 Carati, caricamento a levetta, produzione U.S.A. anno 1929.
Le misure
Chiusa: cm. 13,5 Cappuccio: cm. 6,0 Fusto: cm. 12,5 (con pennino cm.2,3) Con cappuccio calzato: cm. 17 (con pennino cm.2,3) Diametro massimo (agli anellini): mm. 15,0
Diametro fusto all’iscrizione: mm. 13,1
Diametro medio all'impugnatura: mm. 11,2
Peso (carica): gr. 22
Fusto: gr. 13
Marca e Modello
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Per il modello, si consulti il capitolo ad esso dedicato
https://www.fountainpen.it/Endura
ove è anche possibile ammirare gli esemplari documentati dai Collezionisti.
Per parte mia inserirò nel corso della recensione le annotazioni che si renderanno necessarie.
Osservazioni
Non potrei non iniziare dal colore che, indubbiamente, è un verde!
E tuttavia, non il verde marmorizzato, perlescente e tridimensionale a cui ci ha abituato un gran numero di celluloidi, bensì un colore solido, vivace ma non brillante, decisamente “artificiale”, caoticamente movimentato come l’amalgama di due elementi che crei in superficie linee di correnti ed isole (macchie) di un colore diverso, e più scuro (nero), a ricordare il procedimento tipico del rimescolamento della gomma per la realizzazione dell’ebanite mottled rossa&nera (dove mottle=composto di colori diversi)…
Questo, in realtà, è addirittura il terzo tipo di celluloide verde impiegata dalla Conklin sulle Endura, con i primi due decisamente più chiari denominati dai collezionisti “lime green” (ma anche “zuppa di piselli” , dai non pochi detrattori): è un verde che in natura si ritrova molto simile nelle venature più chiare della malachite figurata del Congo, ma la sua maculatura a me personalmente evoca, beh…la buccia di un’anguria : e il nostro mini-cocomero ha anche l’ulteriore vantaggio di poterci “sorridere” con la sua originale interpretazione della “crescent” (mezzaluna), il simbolo storico della Casa di Toledo… …che omaggia lo storico sistema di caricamento delle prime Conklin anche sulla levetta e nel foro di aerazione del pennino della mia Endura…
Continua…
Ultima modifica di Musicus il giovedì 17 maggio 2018, 13:11, modificato 1 volta in totale.
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CONKLIN ENDURA Senior - 1929
Ma come in natura nell’anguria al verde scuro dell’esterno si trova accostato il rosso della polpa, così anche sulle Endura (già dalle prime in ebanite del 1924 ed in seguito su quelle in celluloide dopo il 1926) la Casa americana aveva deciso di accostare, direi meglio contrapporre, al colore della celluloide una decorazione costituita da quattro anellini incisi e riempiti con una vernice di un colore diverso e contrastante.
Nella pubblicità dell’epoca Conklin si raccomandava di ricercare le quattro “annular lines” (linee a forma di anello) in quanto caratteristica distintiva del design del modello Endura, anche rispetto alle “Students’ Pens” della stessa Casa: le “flat-top” erano in generale tutte molto simili (come sempre quando uno stile “funziona” e tutti lo abbracciano, prima del successivo cambiamento ), e l’imperativo era distinguersi sul mercato!
Secondo una semplice ricerca iconografica gli anellini sulla celluloide verde erano sempre rossi per creare il massimo contrasto, come nel semaforo o, assai meno prosaicamente, come in alcuni dipinti della regina indiscussa dell’Art Déco, Tamara De Lempicka nei quali al verde dei tessuti fa spesso da contrappunto cromatico un rossetto molto acceso. Purtroppo, è frequente che le penne siano rinvenute con la vernice degli anellini “illeggibile” (al mercatino, questo è certamente un buon motivo per fare scendere ancora il prezzo ): verificato quale sia l’accoppiamento deciso dal Produttore, è possibile ripristinare il corretto abbinamento con meno di 5 Euro.
Come suggerito da PeppePipes in un suo intervento qui sul Forum, è sufficiente munirsi di una vernicetta da modellismo del colore adatto e, aggiungerei io, di un pennellino davvero piccolo: parafrasando (ma stavolta contraddicendo) la mitica pubblicità Cinghiale, per dipingere una parete piccola ci vuole un pennello…piccolissimo! E già risulterà troppo “grosso” il 3/0 (triplo zero)…
Io mi sono affidato ad un colore acrilico (rosso fuoco brillante) della linea Aqua Color della Revell (attenzione che la linea degli “smalti” della stessa marca potrebbe proporre colori non altrettanto facilmente rimovibili!). Dapprima è opportuno ripulire i solchi anulari dai residui del colore originale mediante uno stuzzicadenti in legno; quando stendete il colore meglio per me ruotare fusto e cappuccio, per quanto possibile, e tenere fermo il pennello; poi, in caso di errore e/o sbavatura, dopo qualche minuto si può rimuovere all’esterno dei solchi il colore in eccesso con una pezzuola umida; per le macchie più coriacee è sufficiente ricorrere nuovamente allo stuzzicadenti, che non intaccherà la superficie della celluloide. Troverete che i solchi non sono tutti uguali e che danno l’impressione di essere stati realizzati a mano (nel mio esemplare l’anello sul fondello è quasi largo il doppio degli altri tre). In ogni caso, alla distanza normale di utilizzo della penna il lavoro di rinfrescatura delle decorazioni sarà più che apprezzabile!
E veniamo al nome (brand name), che è sempre un elemento delicato e fondamentale per la commercializzazione di un prodotto di successo.
La penna aveva debuttato come “Duragraph” nel 1923 per rispondere alla muscolare affermazione della Parker Duofold Big Red: ma era poi stata ribattezzata ENDURA subito l’anno seguente.
Sull’interpretazione del nome “Duofold” si veda la mia recensione https://forum.fountainpen.it/viewtopic.php?t=10110
Per quanto attiene alla Conklin, in entrambi i nomi scelti per fronteggiare il colosso bicolore rosso&nero di Parker si trova il radicale “dura”, dalla radice proto indoeuropea “deru”, da cui il latino “durus” (aggettivo) e “duro” (verbo), che attraverso il francese erano passati nell’inglese “durance” ed “endurance”, col significato di durezza, resistenza e conseguente capacità di durare nel tempo. Come premessa non c’è male davvero per uno strumento che veniva all’epoca venduto a caro prezzo come top di gamma, e la penna, come vedremo, si rivelò davvero all’altezza del nome che portava e degli investimenti della Casa per il suo sviluppo: dai miei precedenti contributi relativi alla commercializzazione in Italia alla fine della storia del modello Endura (le altre Ads possono essere consultate nel capitolo dedicato al modello) si possono osservare sconvolgenti pubblicità che promettono garanzia illimitata a fronte di qualunque genere di rottura (l’incubo di ogni ragionevole garanzia)...
Questo è solo un esempio tra i più eclatanti:
Fiera del nome che portava, la penna sfoggiava una forma flat-top (testa piatta) da manuale (quello richiedeva allora il mercato), vero e proprio trionfo della forma cilindrica pura, solo impercettibilmente mitigato dalla lieve conicità del fondello cieco… Il cilindro del cappuccio è straordinariamente compatto, un autentico monoblocco-monocolore privo di testina, e tuttavia modernamente decorato da una sapiente alternanza di linee sottili (i solchi anulari rossi) e spesse (gli anellini in lamina d’oro), che ne rendono la lettura per nulla scontata anche nel raccordo con il fusto, tanto a penna chiusa quanto con cappuccio calzato.
E’ proprio dalla presenza dei due anellini sul cappuccio, in vece di una vera (più o meno) larga ma singola che accompagnava il modello dal 1924, che possiamo datare con precisione la penna al 1929, anno in cui venne lanciata la versione pearl&black “Supernal” (https://www.fountainpen.it/File:1929-08 ... lBlack.jpg) dotata di questa nuova decorazione.
In quell’anno la Conklin Endura Senior come quella oggetto della presente recensione era venduta al prezzo di $7 (ma erano $8 per la celluloide p&b), così come la Waterman #7 (lo dice il nome), contro gli $8,75 della Sheaffer Lifetime e i $10 della Parker Duofold Deluxe (anch’essa con celluloide b&p). Siamo in proporzione veramente molto lontani per questi top-di-gamma “di serie” (cioè privi di rivestimenti in metalli preziosi) dagli spropositi delle MontBlanc149 “di serie” attuali: a fronte di uno stipendio da insegnante di scuola pubblica sui mille dollari annui nel 1928 (fonte “U.S. Diplomatic Mission to Germany”), la penna più cara veniva a costare comunque solo una frazione (ca. 1/8) del salario mensile, contro ben più della metà dello stipendio richiesta oggidì per un acquisto in boutique (facendo ca. 1.500 Euro il salario attuale di riferimento).
Già dall’anno seguente 1930, tuttavia, la Endura venne ristilizzata in forme streamlined per tenere il passo stilistico della concorrenza, ma la Grande Crisi avrebbe subito colpito tutti duramente, e in Italia ancora nel 1930 si dovevano smaltire le rimanenze d’oltre oceano con veretta singola, e in seguito anche quelle con i due anellini quando negli U.S.A. si era già passati al nuovo modello Endura SYMETRIK dalle forme allungate a siluro… Per i pignoli inguaribili: oltre ai due anellini introdotti nel 1929 si notino anche la clip più piccola (con indicazione “accorciata” del brevetto), e il pennino che richiama le vecchie Duragraph/prime Endura del 1924 (Conklin TOLEDO).
Continua…
Nella pubblicità dell’epoca Conklin si raccomandava di ricercare le quattro “annular lines” (linee a forma di anello) in quanto caratteristica distintiva del design del modello Endura, anche rispetto alle “Students’ Pens” della stessa Casa: le “flat-top” erano in generale tutte molto simili (come sempre quando uno stile “funziona” e tutti lo abbracciano, prima del successivo cambiamento ), e l’imperativo era distinguersi sul mercato!
Secondo una semplice ricerca iconografica gli anellini sulla celluloide verde erano sempre rossi per creare il massimo contrasto, come nel semaforo o, assai meno prosaicamente, come in alcuni dipinti della regina indiscussa dell’Art Déco, Tamara De Lempicka nei quali al verde dei tessuti fa spesso da contrappunto cromatico un rossetto molto acceso. Purtroppo, è frequente che le penne siano rinvenute con la vernice degli anellini “illeggibile” (al mercatino, questo è certamente un buon motivo per fare scendere ancora il prezzo ): verificato quale sia l’accoppiamento deciso dal Produttore, è possibile ripristinare il corretto abbinamento con meno di 5 Euro.
Come suggerito da PeppePipes in un suo intervento qui sul Forum, è sufficiente munirsi di una vernicetta da modellismo del colore adatto e, aggiungerei io, di un pennellino davvero piccolo: parafrasando (ma stavolta contraddicendo) la mitica pubblicità Cinghiale, per dipingere una parete piccola ci vuole un pennello…piccolissimo! E già risulterà troppo “grosso” il 3/0 (triplo zero)…
Io mi sono affidato ad un colore acrilico (rosso fuoco brillante) della linea Aqua Color della Revell (attenzione che la linea degli “smalti” della stessa marca potrebbe proporre colori non altrettanto facilmente rimovibili!). Dapprima è opportuno ripulire i solchi anulari dai residui del colore originale mediante uno stuzzicadenti in legno; quando stendete il colore meglio per me ruotare fusto e cappuccio, per quanto possibile, e tenere fermo il pennello; poi, in caso di errore e/o sbavatura, dopo qualche minuto si può rimuovere all’esterno dei solchi il colore in eccesso con una pezzuola umida; per le macchie più coriacee è sufficiente ricorrere nuovamente allo stuzzicadenti, che non intaccherà la superficie della celluloide. Troverete che i solchi non sono tutti uguali e che danno l’impressione di essere stati realizzati a mano (nel mio esemplare l’anello sul fondello è quasi largo il doppio degli altri tre). In ogni caso, alla distanza normale di utilizzo della penna il lavoro di rinfrescatura delle decorazioni sarà più che apprezzabile!
E veniamo al nome (brand name), che è sempre un elemento delicato e fondamentale per la commercializzazione di un prodotto di successo.
La penna aveva debuttato come “Duragraph” nel 1923 per rispondere alla muscolare affermazione della Parker Duofold Big Red: ma era poi stata ribattezzata ENDURA subito l’anno seguente.
Sull’interpretazione del nome “Duofold” si veda la mia recensione https://forum.fountainpen.it/viewtopic.php?t=10110
Per quanto attiene alla Conklin, in entrambi i nomi scelti per fronteggiare il colosso bicolore rosso&nero di Parker si trova il radicale “dura”, dalla radice proto indoeuropea “deru”, da cui il latino “durus” (aggettivo) e “duro” (verbo), che attraverso il francese erano passati nell’inglese “durance” ed “endurance”, col significato di durezza, resistenza e conseguente capacità di durare nel tempo. Come premessa non c’è male davvero per uno strumento che veniva all’epoca venduto a caro prezzo come top di gamma, e la penna, come vedremo, si rivelò davvero all’altezza del nome che portava e degli investimenti della Casa per il suo sviluppo: dai miei precedenti contributi relativi alla commercializzazione in Italia alla fine della storia del modello Endura (le altre Ads possono essere consultate nel capitolo dedicato al modello) si possono osservare sconvolgenti pubblicità che promettono garanzia illimitata a fronte di qualunque genere di rottura (l’incubo di ogni ragionevole garanzia)...
Questo è solo un esempio tra i più eclatanti:
Fiera del nome che portava, la penna sfoggiava una forma flat-top (testa piatta) da manuale (quello richiedeva allora il mercato), vero e proprio trionfo della forma cilindrica pura, solo impercettibilmente mitigato dalla lieve conicità del fondello cieco… Il cilindro del cappuccio è straordinariamente compatto, un autentico monoblocco-monocolore privo di testina, e tuttavia modernamente decorato da una sapiente alternanza di linee sottili (i solchi anulari rossi) e spesse (gli anellini in lamina d’oro), che ne rendono la lettura per nulla scontata anche nel raccordo con il fusto, tanto a penna chiusa quanto con cappuccio calzato.
E’ proprio dalla presenza dei due anellini sul cappuccio, in vece di una vera (più o meno) larga ma singola che accompagnava il modello dal 1924, che possiamo datare con precisione la penna al 1929, anno in cui venne lanciata la versione pearl&black “Supernal” (https://www.fountainpen.it/File:1929-08 ... lBlack.jpg) dotata di questa nuova decorazione.
In quell’anno la Conklin Endura Senior come quella oggetto della presente recensione era venduta al prezzo di $7 (ma erano $8 per la celluloide p&b), così come la Waterman #7 (lo dice il nome), contro gli $8,75 della Sheaffer Lifetime e i $10 della Parker Duofold Deluxe (anch’essa con celluloide b&p). Siamo in proporzione veramente molto lontani per questi top-di-gamma “di serie” (cioè privi di rivestimenti in metalli preziosi) dagli spropositi delle MontBlanc149 “di serie” attuali: a fronte di uno stipendio da insegnante di scuola pubblica sui mille dollari annui nel 1928 (fonte “U.S. Diplomatic Mission to Germany”), la penna più cara veniva a costare comunque solo una frazione (ca. 1/8) del salario mensile, contro ben più della metà dello stipendio richiesta oggidì per un acquisto in boutique (facendo ca. 1.500 Euro il salario attuale di riferimento).
Già dall’anno seguente 1930, tuttavia, la Endura venne ristilizzata in forme streamlined per tenere il passo stilistico della concorrenza, ma la Grande Crisi avrebbe subito colpito tutti duramente, e in Italia ancora nel 1930 si dovevano smaltire le rimanenze d’oltre oceano con veretta singola, e in seguito anche quelle con i due anellini quando negli U.S.A. si era già passati al nuovo modello Endura SYMETRIK dalle forme allungate a siluro… Per i pignoli inguaribili: oltre ai due anellini introdotti nel 1929 si notino anche la clip più piccola (con indicazione “accorciata” del brevetto), e il pennino che richiama le vecchie Duragraph/prime Endura del 1924 (Conklin TOLEDO).
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CONKLIN ENDURA Senior - 1929
Il cappuccio si serra sul fusto compiendo (insolitamente) solo ¾ di giro sulla filettatura ed è dotato di due fori di aerazione speculari ricavati nella metà inferiore, subito al di sotto del controcappuccio interno che ha il compito di “sigillare” il gruppo scrittura, che può così riprendere prontamente a scrivere anche dopo periodi di inutilizzo significativi.
La clip, brevettata nell’ormai lontano 1918 (brevetto, come quello della levetta, consultabile sul nostro formidabile Wiki), nel 1929 (e per diversi anni ancora) veniva ancora considerata “insostituibile”: non tanto, ma questa è solo la mia opinione, per la vista frontale (che personalmente non mi ha mai convinto appieno nonostante il riuscito inserimento dell’iscrizione di Marca e brevetto), quanto per l’elegantissimo profilo laterale che essa può vantare, e soprattutto ovviamente per l’efficacissimo meccanismo “elastico” che nasconde, che possiamo intravedere nell’immagine precedente. Per inciso, è proprio a causa della pressione che deve essere esercitata per ottenere il sollevamento del fermo onde consentire il passaggio del tessuto che non troverete una sola clip di Endura senza la doratura usurata nella parte superiore… Ma con una lacrima di Sidol o una passatina di panno lucida-oro avrete le dorature della penna perfette, almeno per qualche giorno …
La forma flat-top, l’abbiamo visto, è opulenta ed assertiva (e ciò maggiormente si nota nelle penne oversize come quella in presentazione), proprio come le figure che gli Artisti e i decoratori/designer vanno imponendo nell’immaginario degli anni Venti, con il passaggio sempre più generalizzato dalle linee evanescenti dello stile Liberty alle geometrie vieppiù rigorose e statuarie del Déco, compiendo l’epocale passaggio dalla rapsodica asimmetrica del floreale ad una rigorosa scansione del ritmo propria della nuova civiltà delle macchine…
Ooohps… La mia penna è caduta, ed è finita sotto le ruote della Bugatti verde della bellissima Tamara!!
Niente paura, è una Conklin Endura e verrà sostituito gratuitamente tutto quel che si è rotto!!
Ah, Donne e Motori!!
Chissà mai che cosa avrà pensato in proposito il Signor
W. HAMILTON
probabile primo proprietario della mia Endura, come riporta la discreta quanto elegante personalizzazione inscritta poco sotto la levetta (ben visibile nella terza foto del fotomontaggio a quattro inquadrature)…
Sempre sul fusto è posizionata l’iscrizione principale della stilografica, mentre all’esatto opposto troviamo la sede del caricamento: la variante Conklin del sistema a leva laterale prevede la presenza di una leva molto corta sporgente dal fusto, e questo è un indubbio vantaggio estetico, essendo l’ingombro apprezzabilmente ridotto rispetto alle più lunghe leve della concorrenza. La levetta può però contare su un prolungamento che corre sotto al fusto, introdotto da uno scalino: all’interno del cilindro troviamo agganciata una barretta di pressione che trasferisce la spinta dalla leva al sacchetto per l’inchiostro, simile a quella presente sulle Waterman; a questo proposito gioverà ricordare che su questo modello Conklin sarebbe opportuno utilizzare un gommino di misura non troppo piccola (come si è spesso tentati di fare per meglio isolare il gommino stesso) onde evitare che la barretta agganciata alla leva si sposti liberamente avanti e indietro, producendo un cacofonico effetto slitta...
Continua…
La clip, brevettata nell’ormai lontano 1918 (brevetto, come quello della levetta, consultabile sul nostro formidabile Wiki), nel 1929 (e per diversi anni ancora) veniva ancora considerata “insostituibile”: non tanto, ma questa è solo la mia opinione, per la vista frontale (che personalmente non mi ha mai convinto appieno nonostante il riuscito inserimento dell’iscrizione di Marca e brevetto), quanto per l’elegantissimo profilo laterale che essa può vantare, e soprattutto ovviamente per l’efficacissimo meccanismo “elastico” che nasconde, che possiamo intravedere nell’immagine precedente. Per inciso, è proprio a causa della pressione che deve essere esercitata per ottenere il sollevamento del fermo onde consentire il passaggio del tessuto che non troverete una sola clip di Endura senza la doratura usurata nella parte superiore… Ma con una lacrima di Sidol o una passatina di panno lucida-oro avrete le dorature della penna perfette, almeno per qualche giorno …
La forma flat-top, l’abbiamo visto, è opulenta ed assertiva (e ciò maggiormente si nota nelle penne oversize come quella in presentazione), proprio come le figure che gli Artisti e i decoratori/designer vanno imponendo nell’immaginario degli anni Venti, con il passaggio sempre più generalizzato dalle linee evanescenti dello stile Liberty alle geometrie vieppiù rigorose e statuarie del Déco, compiendo l’epocale passaggio dalla rapsodica asimmetrica del floreale ad una rigorosa scansione del ritmo propria della nuova civiltà delle macchine…
Ooohps… La mia penna è caduta, ed è finita sotto le ruote della Bugatti verde della bellissima Tamara!!
Niente paura, è una Conklin Endura e verrà sostituito gratuitamente tutto quel che si è rotto!!
Ah, Donne e Motori!!
Chissà mai che cosa avrà pensato in proposito il Signor
W. HAMILTON
probabile primo proprietario della mia Endura, come riporta la discreta quanto elegante personalizzazione inscritta poco sotto la levetta (ben visibile nella terza foto del fotomontaggio a quattro inquadrature)…
Sempre sul fusto è posizionata l’iscrizione principale della stilografica, mentre all’esatto opposto troviamo la sede del caricamento: la variante Conklin del sistema a leva laterale prevede la presenza di una leva molto corta sporgente dal fusto, e questo è un indubbio vantaggio estetico, essendo l’ingombro apprezzabilmente ridotto rispetto alle più lunghe leve della concorrenza. La levetta può però contare su un prolungamento che corre sotto al fusto, introdotto da uno scalino: all’interno del cilindro troviamo agganciata una barretta di pressione che trasferisce la spinta dalla leva al sacchetto per l’inchiostro, simile a quella presente sulle Waterman; a questo proposito gioverà ricordare che su questo modello Conklin sarebbe opportuno utilizzare un gommino di misura non troppo piccola (come si è spesso tentati di fare per meglio isolare il gommino stesso) onde evitare che la barretta agganciata alla leva si sposti liberamente avanti e indietro, producendo un cacofonico effetto slitta...
Continua…
Ultima modifica di Musicus il giovedì 17 maggio 2018, 13:12, modificato 1 volta in totale.
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Il gruppo scrittura è impressionante per solidità costruttiva e prestazioni.
L’elegantissimo pennino (così lontano dagli assurdi arzigogoli multicolori delle moderne lavorazioni, soprattutto di marchi prestigiosi ) riporta esclusivamente il nome di Marca e Modello, al di sotto dell’iconico foro di aerazione a mezzaluna. L’alimentatore che deve rifornire di inchiostro un pennino che sporge di quasi due centimetri e mezzo dalla sezione deve essere prima di tutto eccezionalmente affidabile: quello in ebanite scalettato con disegno a pettine (differente da un precedente modello a punta di lancia con mezzelune laterali) montato sulla mia Endura del 1929 è risultato, grazie ad una superiore capacità di controllo nell’erogazione del rifornimento di inchiostro, sempre all’altezza in ogni situazione, in quasi un mese di impiego intensivo… La garanzia illimitata di cui godevano tutte le parti della penna era un costo realmente elevato soprattutto per il pennino in oro: la sua caratteristica principale, perciò, doveva essere una robustezza intrinseca, che potesse tollerare anche gli usi più disinvolti senza patire facili danneggiamenti. Ad un’osservazione ravvicinata, il disegno dei rebbi e la punta appaiono adeguatamente strutturati e massicci.
La scrittura è sempre pronta e il tratto rilasciato su carta è qualificabile tra F(ine) e M(edio); l’iridio, tuttavia, è stato “consumato” in modo tale da fornire un tratto verticale leggermente più corposo rispetto a quello orizzontale (effetto mini-stub): non avendo particolari difficoltà a farlo, mi diverto quindi ad impugnare la penna ruotando il pennino di 45° sulla sinistra, invertendo così le sue caratteristiche…
Inoltre, dettaglio sempre da non trascurare nelle penne d'epoca, la scrittura dal lato secco risulta praticabile con soddisfazione e riduce di quasi una misura il tratto. Nonostante la “solidità” dell’impianto di fatto imposta dalla garanzia a vita, al pennino non fa sorprendentemente difetto una discreta flessibilità, che sottopongo al vostro apprezzamento.
Conclusione
Un colore decisamente “improbabile” per una penna che è l'espressione dei folli, ruggenti anni Venti: proprio una splendida novantenne….
Grazie per l'attenzione!!
Giorgio
P.s.: rispondo volentieri alla domanda che molti si saranno fatti:
«Sì, grazie, l’angurietta era molto buona: direi che si preannuncia un’ottima annata per gli estimatori!»
L’elegantissimo pennino (così lontano dagli assurdi arzigogoli multicolori delle moderne lavorazioni, soprattutto di marchi prestigiosi ) riporta esclusivamente il nome di Marca e Modello, al di sotto dell’iconico foro di aerazione a mezzaluna. L’alimentatore che deve rifornire di inchiostro un pennino che sporge di quasi due centimetri e mezzo dalla sezione deve essere prima di tutto eccezionalmente affidabile: quello in ebanite scalettato con disegno a pettine (differente da un precedente modello a punta di lancia con mezzelune laterali) montato sulla mia Endura del 1929 è risultato, grazie ad una superiore capacità di controllo nell’erogazione del rifornimento di inchiostro, sempre all’altezza in ogni situazione, in quasi un mese di impiego intensivo… La garanzia illimitata di cui godevano tutte le parti della penna era un costo realmente elevato soprattutto per il pennino in oro: la sua caratteristica principale, perciò, doveva essere una robustezza intrinseca, che potesse tollerare anche gli usi più disinvolti senza patire facili danneggiamenti. Ad un’osservazione ravvicinata, il disegno dei rebbi e la punta appaiono adeguatamente strutturati e massicci.
La scrittura è sempre pronta e il tratto rilasciato su carta è qualificabile tra F(ine) e M(edio); l’iridio, tuttavia, è stato “consumato” in modo tale da fornire un tratto verticale leggermente più corposo rispetto a quello orizzontale (effetto mini-stub): non avendo particolari difficoltà a farlo, mi diverto quindi ad impugnare la penna ruotando il pennino di 45° sulla sinistra, invertendo così le sue caratteristiche…
Inoltre, dettaglio sempre da non trascurare nelle penne d'epoca, la scrittura dal lato secco risulta praticabile con soddisfazione e riduce di quasi una misura il tratto. Nonostante la “solidità” dell’impianto di fatto imposta dalla garanzia a vita, al pennino non fa sorprendentemente difetto una discreta flessibilità, che sottopongo al vostro apprezzamento.
Conclusione
Un colore decisamente “improbabile” per una penna che è l'espressione dei folli, ruggenti anni Venti: proprio una splendida novantenne….
Grazie per l'attenzione!!
Giorgio
P.s.: rispondo volentieri alla domanda che molti si saranno fatti:
«Sì, grazie, l’angurietta era molto buona: direi che si preannuncia un’ottima annata per gli estimatori!»
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Boiamondo quant'e' bella! Cioe' io vorrei una penna di un verde cosi', cavolo! Sono ci vuole colore nella vita oltre quelle nere (che peraltro sono bellissime, oggi ho visto un'Aurora All-Black che non me la scordo piu) e questa e' proprio una bellezza, grazie di avercela fatta conoscere!
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Bella bella penna. Colore primaverile perfettamente in tema. Recensione ancora una volta puntuale e informatissima, ricca di spunti di riflessione.
Mi vergogno un po' con la mia Artus e con il progetto penne Anni '50
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Purtroppo ho dovuto sempre accontentarmi delle versioni mignon, spesso da "castellana" e nere, però i pennini conklin che ho trovato sulle crescent come sulle mie endurine sono fra i miei favoriti. Naturalmente, la penna grande e verde appartiene ad un'altra categoria.
Ultima modifica di kircher il venerdì 18 maggio 2018, 0:53, modificato 1 volta in totale.
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Ciao Giorgio,
per chi, come me , ha una totale ammirazione per i vari modelli Conklin , questa tua presentazione di questa bellissima Endura è veramente un piacere per gli occhi. Forse, per importanza e blasone, la Conklin avrebbe meritato nel nostro " Catalogo foto e modelli " un proprio spazio .
Complimenti ancora
Luigi
per chi, come me , ha una totale ammirazione per i vari modelli Conklin , questa tua presentazione di questa bellissima Endura è veramente un piacere per gli occhi. Forse, per importanza e blasone, la Conklin avrebbe meritato nel nostro " Catalogo foto e modelli " un proprio spazio .
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Bellissima Giorgio, e leggerti - in particolar modo di sera, dopo una giornata di lavoro - sempre un grande piacere. Grazie
Cesare
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Beh che dire se non
Complimenti sia per la recensione che per la penna.
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Grazie a te per l'apprezzamento, vivace come la penna , HoodedNib!HoodedNib ha scritto: ↑giovedì 17 maggio 2018, 13:58 Boiamondo quant'e' bella! Cioe' io vorrei una penna di un verde cosi', cavolo! Sono ci vuole colore nella vita oltre quelle nere (che peraltro sono bellissime, oggi ho visto un'Aurora All-Black che non me la scordo piu) e questa e' proprio una bellezza, grazie di avercela fatta conoscere!
Ciao, Renzo: ti ringrazio per la lettura, che so essere sempre attenta, e per il commento!Mightyspank ha scritto: ↑giovedì 17 maggio 2018, 15:05 Bella bella penna. Colore primaverile perfettamente in tema. Recensione ancora una volta puntuale e informatissima, ricca di spunti di riflessione.
Mi vergogno un po' con la mia Artus e con il progetto penne Anni '50
Le penne anni Cinquanta non sono tutte uguali, lo sappiamo: alcune erano prodotte troppo al risparmio (di idee, prima ancora che di qualità), ma linee budget ci sono sempre state, anche prima e durante la Guerra... Solo non disdegnandole in blocco, però, si possono fare delle belle scoperte, e mi sembra che le tue recensioni curate stiano lì a dimostrarlo.
Poi piacere a tutti è...del tutto impossibile!
Giorgio
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Ciao, Federico!!kircher ha scritto: ↑giovedì 17 maggio 2018, 17:04 Purtroppo ho dovuto sempre accontentarmi delle versioni mignon, spesso da "castellana" e nere, però i pennini conklin che ho trovato sulle crescent come sulle mie endurine sono fra i miei favoriti. Naturalmente, la penna grande e verde appartiene ad un'altra categoria.
Non ho alcun merito nell'essermi imbattuto in questa penna debordante, se non quello di essere arrivato al mercatino per tempo .
Alla prossima!
Grazie Luigi!lucre ha scritto: ↑giovedì 17 maggio 2018, 21:04 Ciao Giorgio,
per chi, come me , ha una totale ammirazione per i vari modelli Conklin , questa tua presentazione di questa bellissima Endura è veramente un piacere per gli occhi. Forse, per importanza e blasone, la Conklin avrebbe meritato nel nostro " Catalogo foto e modelli " un proprio spazio .
Complimenti ancora
Luigi
So che hai apprezzato l'argomento di cui sei gran conoscitore...
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Sempre gentilissimo, Cesare, e di questo ti ringrazio!!
Un caro saluto!
Grazie per l'apprezzamento, Alessandro!!
Giorgio
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Non so se e' piu' bella la penna o la recensione... Complimenti per entrambe. Poi io mi lascio sempre prendere dai quadri di Tamara.
Ciao
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Elia
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Bella, quasi quasi...
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