"Fantozzi batti lei?"
"Ma...che fa? Mi dà del tu?"
"No, Fantozzi, è congiuntivo!"
Per sdrammatizzare
e per sottolineare che si parla spesso su piani che non si intersecano quando addirittura non hanno nulla a che vedere l'uno con l'altro.
E' faticoso intervenire perchè, come diceva dante nell'altro post, di certo non basta un thread portato avanti da persone completamente estranee al settore del marketing pennistico nello specifico(fra i quali di certo mi metto, quand'anche possa fare speculazioni verosimili) quando non in generale del settore economico.
Vorrei dare qualche coordinata in più rispetto a ciò che sta diventando un po' confusionario: i costi di produzione. Ovvio che si intendano TUTTI e non solo i materiali, non l'ho specificato per non insultare le intelligenze degl'intervenuti
Detto questo, i
costi di produzione sono solo
un elemento della cosiddetta funzione di produzione, una sorta di
magic box nella quale si butta dentro una serie di fattori: costi di produzione, tecnologia, aspettative degl'imprenditori etc.
Questa magic box la conosce l'imprenditore e basta, è lui in soldoni che c'ha le fatture in mano. E se è efficiente, sta sul mercato, se no no. Ci sono poi da considerare le determinanti (generiche) dell'offerta e quelle specifiche del settore delle penne.
Che Visconti (cito loro perchè il discorso è partito parlando di V.) produca extraprofitto (che chiameremo profitto per brevità) è chiaro per il fatto che sta sul mercato, come Delta, Montblanc etc... Quando non ci sarà più (via, diciamo se) sarà perchè appunto la proporzione tra spese e ricavi non sarà più favorevole.
Ma questo è il punto principale (e credo l'origine del thread): l'impatto dei costi o comunque la loro rilevanza nel settore dei
beni di lusso (mettiamoci l'animo in pace: mettendo da parte gli anacronismi, le penne cominciano ad essere
gioielli dal momento che costano più di 2 euro, prezzo al quale si trovano perfetti roller).
Per quanto riguarda il mercato dei beni di lusso, i costi sono una componente minoritaria (
non in senso quantitativo ma come rilevanza).
Esempio: io ipotizzavo (per l'assunto che se una società sta sul mercato ha una proporzione costi- benefici favorevole) che il prezzo della nuova Visconti consentisse rispetto ai costi per produrla/idearla vasti margini di profitto. Dante è intervenuto dicendo che fosse anche costata 1000 euro ad esemplare non sarebbe stato sufficiente per rientrare dei costi per svilupparla. Sono affermazioni agli antipodi? Quantitativamente, forse. Qualitativamente viene esattamente confermato quello che sto sostenendo (e che mi permetto di non definire un'opinione, il mercato vive di leggi universali e capirle significa riuscire a starci dentro): i costi non sono rilevanti (o comunque possono solo dare un'iniziale base di partenza,e addirittura a volte non è vero nemmeno questo) per la determinazione del prezzo. Per quanto riguarda, come dicevo, i beni di lusso.
Nel bene di lusso il prezzo è una caratteristica intrinseca del bene stesso, sopra facevo gli esempi delle borse Gucci e LV, che uscirebbero dal mercato se, pur rientrando nei costi di produzione, vendessero a prezzi inferiori. Nel mercato dei beni di lusso, nello specifico della penna, il semplice atto di spendere 500,600, 1000 euro per un esemplare è di per sè caratteristica intrinseca dell'oggetto, e il prezzo di mercato sarà quello (nella misura in cui quella fascia di mercato ha deciso che lo sia: l'imprenditore non fa altro che mettere un cartellino col prezzo a un oggetto che è già stato valutato dal mercato prima ancora che vi venisse immesso e se questa è un'affermazione senz'altro iperbolica, non è comunque assolutamente estrema).
Altra coordinata che vorrei dare: il prezzo non è soltanto il valore che l'acquirente dà a quell'oggetto o ciò che ha deciso il mercato, ma da un punto di vista meno economico e più creativo (ricordiamoci che si parla di economia ma di un settore che secondo me può tranquillamente definirsi artistico) è anche il valore che l'imprenditore ha dato il suo lavoro (di creazione, marketing, management). Se poi è troppo alto o troppo basso (succede anche questo), lo deciderà il mercato. Ma bisogna anche considerare quest'aspetto più segnatamente
poietico.
Poi certo che si arriva al prezzo di equilibrio (prezzo "giusto", non necessariamente equo, connotazione della quale il mercato giustamente se ne strafrega) con la solita forbice marshalliana che chi ha un minimo di rudimenti microeconomici non ha nessun'incertezza nel capire (Simone mi pare mastichi un po' il linguaggio, mi sbaglio?). Quello che interessa secondo me è
come si arriva a questo prezzo di equilibrio.
Aggiungo un'ultima cosa, che invece è una speculazione mia che credo essere comunque abbastanza verosimile: c'è crisi. Che significa scarsità di risorse. Chi ne ha risentito? Ovviamente le fasce medie e quelle basse, quelle alte e altissime non hanno avuto alcun impatto. Pertanto dal mercato (parlo di TUTTI i settori) sono sparite quelle fasce medie dei prodotti velleitari. Spendere, che so,60 euro o più per una penna oggi (e NON parlo degli affari che si trovano su ebay con le vintage, le restaurate e restaurande et similia) o anche di più sono soldi buttati (nella misura in cui detta penna serva "meramente" per scrivere). E la gente oggi tutto fa fuorchè buttare i soldi (parlo dell'agente economico razionale, non di quelli che hanno fatto la fila per 58 ore all'addiaccio per avere l'aifoncinque).
Le penne scrivono bene da 2 euro in su. Ci sono le BIC, le parker ultraeconomiche fino ad arrivare, per essere spendaccioni, alle TWSBI se vuoi lo stantuffo e la stilografica.
Se un produttore di penne vuole stare sul mercato lo deve fare (secondo me) con le penne di lusso, da 400-500 euro (ci avete fatto caso, è il prezzo che si è assestato come punto di equilibrio nonchè soglia percepita?). E per fare questo deve lavorare tantissimo sul nome (esempio: la vicenda "clip" sulle Visconti) e sul ritagliarsi un momento di differenziazione rispetto alla montagna bianca.
Detto tutto questo, la parola all'acquirente. Stefano diceva: per i miei parametri 500 euro sono troppi. Andrea, che ovviamente ha parametri (un po' come il dna) diversi, fa la sua valutazione e alla fine concorda. Così come allo stesso tempo ci sono Tizio, Caio e Sempronio i cui valori viceversa gliela fanno sembrare una penna appetibile.
Queste sono le valutazioni soggettive (ineliminabili ovviamente) di cui si parlava, a monte delle quali vi stanno però delle regole universali, che definirei quasi
naturali che sono quelle del mercato (la cui applicabilità secondo me è funzionale anche ad altri settori dell'esistenza ma questo è un altro discorso
).
Ho cercato di dare delle coordinate in più, ma 1)non ho velleità didattico-istruttive e quand'anche le avessi probabilmente non ne sarei tecnicamente all'altezza 2)sono argomenti sui quali si giocano i successi e i fallimenti delle imprese, pertanto anche gli operatori del settore li trovano complessi e sicuramente non esauribili all'interno di un thread sul forum, per quanto interessante e magari stimolante rispetto ad argomenti che non si conoscono 3)il tempo
4)devo andare a comprare la Montegrappa Chaos e mi sta per chiudere il negozio...
Ciao!