Come vi siete avvicinati al mondo delle stilografiche?

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Placo
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Messaggio da Placo »

Ciao a tutti!
Vedevo un video in cui un ragazzo spiegava come e quando si fosse avvicinato al mondo delle stilografiche e mi è venuta la curiosità: voi come siete entrati nel tunnel della stilo-dipendenza? :lol:

Io dopo aver comprato una Safari e per trovare una penna che non sforzasse il polso. Prima usavo le penne come fossero delle zappe e poi, anche grazie all'impugnatura della Safari, ho imparato come tenere la penna e che in pratica le stilografiche scrivono senza pressione.

Se vi va, raccontate la vostra esperienza! Grazie! :wave:
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Romolo
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Messaggio da Romolo »

Guarda,
mi hanno sempre affascinato per il loro essere diverse dalle penne, per la sensazione che davano nello scrivere, per il fatto che il tratto passava da essere lucido ad opaco nel giro di qualche secondo ed io, bambino (allora, sic), restavo incantato da tal magia :)
Che io ricordi le ho sempre usate, sin dalle elementari per poi continuare alle medie, al liceo, all'università ed ora al lavoro :D
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maxpop 55
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Messaggio da maxpop 55 »

Dalle elementari ho sempre adorato le stilo poi in seguito la conoscenza di un grande riparatore (Amedeo D'Auria) mi ha ravvivato la passione e la voglia di smontare e distruggere le stilo. :?
Il valore di una stilografica non dipende dal costo, ma dal valore che noi le diamo.
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Messaggio da marilua »

Vista la giovinezza alle elementari si usava pennino e calamaio, poi l'evoluzione, le prime biro, che bello non ci si sporcavano le mani, niente buchi nei quaderni per cancellare gli schizzi di inchiostro e gli errori, niente note della maestra Caterina " bene il componimento, ma sii piu' attenta e ordinata " era la classica annotazione sui miei quaderni, e fino al termine degli studi sempre e solo biro.
Inizia il periodo lavorativo, e gia' avere una biro che scrivesse decentemente era un miracolo, altri tempi davvero, era la fine degli anni 70 e a turno coi colleghi si andava al mercato a comprare la carta igienica perché lo stato manco quella ti passava, molto spesso finivo per comprarmi le biro da sola, cosa impensabile oggi, le calcolatrice erano le Divisumma, giusto un pochino rumorose, le macchine da scrivere solo Olivetti, per una vita unico fornitore dello stato, pian piano sono arrivati i primi computer, enormi con le pizze da mandare al centro elaborazione dati, poi i primi pc sul tavolo, la biro si usava sempre meno, la qualità sempre pessima e scocciata mi sono comprata una waterman viola a cartucce che ho usato per anni, fino a che si e' incrinato il puntale, la conservo ancora perché legata ai ricordi degli anni in cui lavorare era un piacere, si andava d'accordo con tutti i colleghi, si organizzavano festicciole e pranzi fuori.
Da lì qualche Pelikan scolastica persa o sottratta in ufficio.
La passione e' scoppiata furente con un regalo di un caro amico una Pelikan M151 anniversario, mi si e' aperto un mondo ignoto, poi ho conosciuto " il geometro" e parlando con lui sono saltate fuori le vecchie stilo sue e del papà, poi condivisione della passione con altri amici .... il resto e' oggi.
Ops quanto sono prolissa , scusatemi, ma non penso siate arrivati fino in fondo.
Ultima modifica di marilua il lunedì 18 giugno 2018, 16:15, modificato 1 volta in totale.
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Messaggio da Maruska »

da sempre.... dalla terza elementare quando hanno cominciato a farcela usare, amore a prima vista e durato per sempre
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Messaggio da Placo »

marilua ha scritto: lunedì 18 giugno 2018, 15:58 Vista la giovinezza alle elementari si usava pennino e calamaio, poi l'evoluzione, le prime biro, che bello non ci si sporcavano le mani, niente buchi nei quaderni per cancellare gli schizzi di inchiostro e gli errori, niente note della maestra Caterina " bene il componimento, ma sii piu' attenta e ordinata " era la classica annotazione sui miei quaderni, e fino al termine degli studi sempre e solo biro.
Inizia il periodo lavorativo, e gia' avere una biro che scrivesse decentemente era un miracolo, altri tempi davvero, era la fine degli anni 70 e a turno coi colleghi si andava al mercato a comprare la carta igienica perché lo stato manco quella ti passava, molto spesso finivo per comprarmi le biro da sola, cosa impensabile oggi, le calcolatrice erano le Divisumma, giusto un pochino rumorose, le macchine da scrivere solo Olivetti, per una vita unico fornitore dello stato, pian piano sono arrivati i primi computer, enormi con le pizze da mandare al centro elaborazione dati, poi i primi pc sul tavolo, la biro si usava sempre meno, la qualità sempre pessima e scocciata mi sono comprata una waterman viola a cartucce che ho usato per anni, fino a che si e' incrinato il puntale, la conservo ancora perché legata ai ricordi degli anni in cui lavorare era un piacere, si andava d'accordo con tutti i colleghi, si organizzavano festicciole e pranzi fuori.
Da lì qualche Pelikan scolastica persa o sottratta in ufficio.
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Ops quanto sono prolissa , scusatemi, ma non penso siate arrivati fino in fondo.
Che bel racconto! Grazie! :clap:
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Messaggio da rolex hunter »

Questo è nel mio post di presentazione:


Tutto cominciò nel 1980
Dovevo fare un regalo ad un conoscente, e pensai "una bella stilografica; elegante, formale, impersonale" (grosso errore per quanto riguarda l'impersonale, ma allora ero "niubbo" che più non si può).
Nel negozio, senza neanche stare tanto a pensarci, comprai una Pelikan, credo una 150 o una 200; aveva una scatola così elegante e "vintage".
Il negoziante, che evidentemente la sapeva lunga, reagendo ad un acquisto fatto chiaramente ad occhi chiusi disse sornionamente "Lei, ad esempio, cosa userebbe..." sciorinandomi davanti una decina di penne in un vassoio, pronte da intingere per provarle.
3 ore dopo uscivo da quel negozio con il pacchetto per il conoscente, più una Visconti Pericle, con un pennino che era stato "allargato" da F a M-quasi-B (quello c'era...), boccette di inchiostro Waterman "washable blue", "peacock blue" e "nonricordocosa green", nonchè aurora nero e blu.
Una settimana dopo nello stesso negozio contrattavo una Parker Duofold Centennial con pennino medio italic (ci volle più di un mese per averla, assieme agli inchiostri Penman blu e verde).
Poi il "pusher" che era nel negoziante si rivelò, cercando di vendermi varie edizioni limitate Montblanc.
Devo ammetterlo, ad alcune ho ceduto...

Poi partii per il servizio militare; pensavo che la dura e rude vita militare mi avrebbe disintossicato; a Torino, passeggiando, uscito dal negozio di Peyrano (allora c'erano due vecchine adorabili, che prima ancora che potessi parlare, tanto per cominciare ti ficcavano in bocca un gianduiotto) finii in uno strano negozietto : "Torino penne" (predestinazione???); pur pensando "tanto posso smettere quando voglio" comprai un roller Parker in esecuzione "camo" e, guarda caso, una Lamy safari in verde militare (ufficiale e gentiluomo, bisognava avere un certo stile...).
Ultima modifica di rolex hunter il lunedì 18 giugno 2018, 16:47, modificato 1 volta in totale.
Giorgio

la penna perfetta non esiste, quindi per essere felici bisogna avere tante penne (cit.)
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Messaggio da XFer »

Io ho iniziato a usarle alle elementari, erano obbligatorie.
Da allora mai più lasciate, tranne qualche anno a cavallo tra medie e superiori.
Negli ultimi anni però, sicuramente per colpa di Fountainpen.it :lol: , mi sono proprio ammalato di brutto!!!
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Rodelinda
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Messaggio da Rodelinda »

In una pausa dallo studio matto & disperatissimo per il Concorso, e terrorizzata dall'ECG sotto sforzo che mi attende domattina, mi soffermo a rispondere a quest'annosa domanda.
Io sono un'appassionata di ritorno, per così dire: il mio esordio nel mondo delle stilografiche è stato tutto, meno che piacevole (la storia, contorta quanto traumatizzante, l'ho già raccontata qui: [url]http://forum.fountainpen.it/viewtopic.p ... 198244/url])... ma il ritorno alla stilo è caratterizzato da un ulteriore minidramma scolastico.
In sostanza, è colpa di Karl Marx se io ora scrivo con la stilo.
In breve: ho avuto la s-fortuna di frequentare il liceo della mia città, quasi solo ad utenza femminile e gestito da un manipolo di suore naziste. Una delle insegnanti laiche, quella di filosofia, aveva un'abitudine discutibile - frutto, credo, del fatto che lei stessa odiava la materia che insegnava, o detestava l'idea di non poter fare (per questioni di tempo e spazio) gli autori minori cristian-cattolic-sfasciagonadi che tanto amava; era infatti costretta, dai programmi ministeriali (secondo lei, evidentemente elaborati da una camarilla social-stalinista nascosta, figlia della perniciosa influenza di Berlinguer, nonostante all'inizio della mia carriera liceale fossero ormai passati almeno quindici anni dal suicidio del PCI perpetrato da Occhetto), a cedere spazio a miscredenti apostati senza Dio come Voltaire, Rousseau, Feuerbach, Schopenhauer, Nietzsche, e ovviamente il Nostro Caro Karl (& Engels, il quale tra parentesi si accollò e diede il proprio nome alla figlia illegittima che Karl ebbe dalla governante, meritandosi a pieni voti il titolo di "Miglior Spalla della Storia", e non solo per i meriti rivoluzionari).
Nel tentativo di dedicare il minor spazio didattico possibile a questi loschi figuri, a un certo punto in Quinta liceo smise di fare spiegazioni, dedicando quasi integralmente il proprio tempo a interrogazioni e verifiche: queste ultime erano a cadenza quasi quotidiana, e consistevano in lunghissimi temi da sviluppare a partire da una domanda, nello spazio obbligatorio di massimo quattro facciate.
Il problema, capirete anche voi, era che:
1) IL materiale per queste benedette verifiche dovevamo studiarcelo da noi: e non tutti in classe erano versati nella comprensione delle seghe mentali (quando non proprio degenerate in emorroidi, come nel caso del Nietzsche più tardo) di un'orda di tizi i cui sproloqui in massima parte ci sembravano assurdi (eravamo una classe di gente piuttosto terra-terra, per usare un gentile eufemismo);
2) Le domande sulla base delle quali dovevamo sviluppare questo accidenti di tema non erano cose che fosse possibile far stare nello spazio obbligatorio massimo di quattro facciate. Si trattava di quesiti generalissimi, in alcuni casi così ampi da causare il caos (tipo: "Spiegazione del concetto di estetica secondo Aristotele": e 'sticazzi?) oppure di una minuziosità così speciosa da farne sfuggire il senso logico (ad esempio: "Emergenze patristiche all'esito del Concilio Ecumenico Vaticano dopo l'emanazione del Dogma dell'Infallibilità Papale").
3) Non ci era consentito studiare dal libro di testo da lei stessa adottato, il fantomatico manuale di Reale, perché lei non era d'accordo con lui su alcuni punti fondamentali (mai chiarito quali fossero): sospettavamo che a suo giudizio questo Reale, chiunque egli fosse, fosse troppo di sinistra, benché a nostro giudizio più a destra di lui ci fossero solo...
...4) i Gesuiti. Lei avrebbe infatti voluto farci studiare da un odioso, orrendo manuale di filosofia e teologia in più volumi pubblicato dai Gesuiti, del modico costo di circa cento euro a pezzo (per dieci volumi totali), rilegato in nero con le coste rosse (pareva il diario dei peccati di Alice Cooper), ma non aveva potuto perché non era compreso nell'elenco - pur amplissimo - dei testi ammessi dal Ministero.
Eravamo quindi costretti ad arrangiarci con le sole nostre sparute forze di fronte a questo atteggiamento elastico quanto il muro di Berlino e affabile come la Stasi.
Nel tentativo, specie in Quinta, di evitare l'ecatombe da tredici-diconsi-tredici esami di riparazione che aveva colpito una classe di ventidue persone tra la Quarta e la Quinta, ci facemmo furbi e raccolti i soldi, iniziammo a farci dare (anche pagando a prezzi da strozzini) da conoscenti, amici e fratelli le tracce dei temi già assegnati negli anni precedenti (visto che tra le tante paranoie della nostra prof non rientrava quella di inventarsi delle tracce nuove: erano sempre le stesse).
A quel punto, a seconda di chi era più bravo con un determinato autore - la mia compagna di classe più sciroccata e drogata era un asso con Nietzsche, ad esempio - tutta la classe si trovava in casa di qualcuno (in genere il garage di mia nonna). Il più bravo elaborava il tema, lo scriveva per verificare che ci stesse in quattro facciate, lo si fotocopiava e lo si imparava a memoria (a riprova di quanto fosse fuori di testa la mia prof: non si accorse mai che ventidue persone le presentavano ventidue temi in pratica identici).
Ora: forse perché sono una persona dotata di una certa logica, versata negli affari (!) e con un talento per le minuzie giuridiche, nonché all'epoca mediamente impegnata politicamente, a un certo punto mi toccò quello che, tra tutti gli autori, la nostra prof più odiava, ma che per ovvi motivi non poteva saltare: sto parlando, ovviamente, di Karl Marx. Non per altro: è che se per gli altri autori in molti casi potevi cavartela con qualche supercazzola, con lui non si poteva usare questo escamotage, dal momento che la sua teoria filosofica altro non è che una sovrastruttura ( battutona squallida!) elaborata a partire da una dottrina economica che - per quanto si possa non essere d'accordo con lui - ha una sua logica stringente.
I temi che lo riguardavano furono tre. I titoli: "Il Manifesto del Partito Comunista", "Il Capitale", "I delitti del marxismo-leninismo" (LO GIURO: non era una cosa tipo: "problemi applicativi", no, era proprio "Denuncia i delitti del marxismo-leninismo in tutto il mondo, e se ci sono stati dei risultati positivi ca**i tuoi: io posso cianciare per ore del fatto che LVI ha fatto anche cose buone, ma gli esiti del comunismo sono solo cacca". Non potevi nemmeno parlare, chessò, di Gagarin e della MIR).
Ora, non so se voi abbiate anche solo mai pensato di leggere "Il Capitale", ma posso dirvi che è un'impresa sovrumana affrontarlo, comprenderne i contenuti, e soprattutto riassumerlo in quattro facciate (sono l'unica persona che io conosca che abbia portato a termine i primi due obiettivi, e posso dirvi una cosa: FUSARO NON C'E' RIUSCITO).
Lo ricopiai quattordici volte, in quattordici versioni diverse, sempre cercando di togliere qualcosa senza far perdere senso al discorso generale prima di ottenere un risultato accettabile, con tutta la classe che mi alitava sul collo facendo un tifo che non avevo mai visto neanche ai Mondiali. Il mio compagno di classe primo in matematica promise che mi avrebbe fatto copiare tutti i compiti di algebra da lì alla fine dell'anno se ci fossi riuscita (bello sforzo, visto che eravamo a metà maggio).
Alla fine ce la feci, affrontammo la verifica e la superammo. Il nove meno meno più sudato della mia vita. Pagato con un attacco di sindrome del tunnel carpale.
Dopo una visita ortopedica abbastanza concitata, mi fu consigliato di scrivere il meno possibile (con la Maturità alle porte!) e che se proprio dovevo farlo, di cercare di non calcare e di non sforzare la mano.
Fu allora che, illuminata come da un raggio divino, mio padre con mille e uno raccomandazioni mi consegnò la mia amatissima Aurora Hastil, appartenuta al mio supernonno, sfortunatamente nel frattempo passato a miglior vita.
E questa è la mia triste stilostoria: Karl Marx mi ha gettato tra le braccia di questo settore di mercato del lusso. Sarà per un inconscio senso di colpa, che cerco di comprare un mucchio di inchiostri prodotti nei Paesi dell'ex blocco Orientale?
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Giorgio1955
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Messaggio da Giorgio1955 »

Gran regalo di Battesimo1955 una Columbus laminata molto bella; regali di Cresima 1965 una Penco e un'altra che non ricordo. I e II elementare pennino ed inchiostro (grande marilua mi ci sono visto...) Primi anni '80, già professionista, mi sono comprato una Man 200 e da lì la passione è partita alla grande. Saluti
Ultima modifica di Giorgio1955 il lunedì 18 giugno 2018, 17:54, modificato 2 volte in totale.
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Messaggio da HoodedNib »

maxpop 55 ha scritto: lunedì 18 giugno 2018, 15:34 Dalle elementari ho sempre adorato le stilo poi in seguito la conoscenza di un grande riparatore (Amedeo D'Auria) mi ha ravvivato la passione e la voglia di smontare e distruggere le stilo. :?
Ecco vorrei avere questa fortuna, quella di conoscere qualche riparatore (si ok qui ce ne sono) per imparare a smontare e distruggere le stilo :) Mi piace molto tentare di riparare roba :)

Comunque tornando all'argomento, iniziai alle medie quando mi fu regalata una penna, una Paper Mate Monogram che ancora posseggo e che usai... per pasticciare sul bordo dei fogli... rovesciando il pennino di piatto sul foglio e consumando le cartucce cosi' invece che scrivere, in pratica fui "vagamente" scoraggiato dal continuarne l'uso, cosi' fini' nel cassetto dimenticata per un bel po' di anni (onestamente non mi ricordo se riprovai a prenderla in seguito).
Avanti veloce fino a due anni fa circa, mia moglie si decide a sbaraccare le cose del suo defunto padre e tra quelle salta fuori una Aurora 88P con tanto di scatoletta e garanzia, fini' nelle mie mani e... fu dimenticata sotto la scrivania per i successivi due anni fino a qualche mese fa. Quindi in uno dei miei "sbaraccamenti" tra cancelleria e articoli da disegno, salta fuori la scatoletta e mi venne il ghiribizzo di fare una cosa che non avevo mai fatto, riparare una penna stilografica, poi finii qui e poi vabbe' ... e' storia :)

Sul perche' continuo, mi piace scrivere con le stilo, e' un piacere vedere come scivola sulla carta e le variazioni di tratto e i colori...
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Messaggio da Placo »

Rodelinda ha scritto: lunedì 18 giugno 2018, 17:31 Alla fine ce la feci, affrontammo la verifica e la superammo. Il nove meno meno più sudato della mia vita. Pagato con un attacco di sindrome del tunnel carpale.
Dopo una visita ortopedica abbastanza concitata, mi fu consigliato di scrivere il meno possibile (con la Maturità alle porte!) e che se proprio dovevo farlo, di cercare di non calcare e di non sforzare la mano.
Fu allora che, illuminata come da un raggio divino, mio padre con mille e uno raccomandazioni mi consegnò la mia amatissima Aurora Hastil, appartenuta al mio supernonno, sfortunatamente nel frattempo passato a miglior vita.
E questa è la mia triste stilostoria: Karl Marx mi ha gettato tra le braccia di questo settore di mercato del lusso. Sarà per un inconscio senso di colpa, che cerco di comprare un mucchio di inchiostri prodotti nei Paesi dell'ex blocco Orientale?
Ai posteri...
Mi hai fatto sorridere in modo benevolo con il tuo racconto, sia per come lo hai narrato sia perché ha molto a che fare con il mio vissuto. Mi sono avvicinato alle stilografiche per via dell'artrite e comprendo bene ciò che vuoi dire. Peraltro nutro anche io un amore naturale per la Hastil! :clap:
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Messaggio da davide451 »

Ho imparato a scrivere con pennino e calamaio, in un disastro di macchie di inchiostro su quaderni, grembiule, opportunamente nero, e quant'altro mi stava vicino.
Il passaggio alla stilografica è stata la naturale prosecuzione con mezzi migliori.
La prima stilo è stata una penna in madreperla (?) donatami a 10 anni; prontamente riposta dalla severissima nonna, non l'ho mai rivista. In seguito alcune penne scolastiche che si caricavano come una siringa, e alcune biro che, all'epoca, macchiavano anch'esse. Ricordo le orrende Corvina, le Bic china gialle iper durissime e, unica buona, una Ballograf.
Sono entrato in quarta ginnasio con una Parker Jotter e al passaggio in prima liceo mio padre, che scriveva con la stilografica, mi ha donato la Parker 75 Cisele che ho sempre usato e uso tuttora.
Perchè fin da bimbo ho scelto la stilografica? Banalmente perchè scrive meglio delle biro, e molto meglio delle biro di allora. Per me la penna è uno strumento e deve innanzitutto funzionare bene, poi se è bella, o molto bella, meglio ancora.
Ciao a tutti. Davide
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Messaggio da maxpop 55 »

Rodelinda ha scritto: lunedì 18 giugno 2018, 17:31 In una pausa dallo studio matto & disperatissimo per il Concorso, e terrorizzata dall'ECG sotto ...........................................
.............................
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E questa è la mia triste stilostoria: Karl Marx mi ha gettato tra le braccia di questo settore di mercato del lusso. Sarà per un inconscio senso di colpa, che cerco di comprare un mucchio di inchiostri prodotti nei Paesi dell'ex blocco Orientale?
Ai posteri...
Ciao Rodelinda, mi sono divertito tanto a leggere la storia di come hai cominciato a scrivere con la stilo, mi hai fatto ricordare degli amici di scuola sessantottini. :D
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Messaggio da Polemarco »

Rodelinda ha scritto: lunedì 18 giugno 2018, 17:31 In una pausa dallo studio matto & disperatissimo per il Concorso, e terrorizzata dall'ECG sotto sforzo che mi attende domattina, mi soffermo a rispondere a quest'annosa domanda.
...
E questa è la mia triste stilostoria: Karl Marx mi ha gettato tra le braccia di questo settore di mercato del lusso. Sarà per un inconscio senso di colpa, che cerco di comprare un mucchio di inchiostri prodotti nei Paesi dell'ex blocco Orientale?
Ai posteri...
Racconto delizioso: ironia e autoironia, velocità incalzante.
In alcuni momenti ricordi Woody Allen.
P.S.
Ma soprattutto: in bocca al lupo per il concorso.

C'è un margine di alea ma, come avrai studiato, la differenza è tra "qui certat de lucro captando" e qui "certat de damno vitando".

Ti assicuro che la necessità dell'ECG è solo il frutto della ipocondria che si sviluppa prima della terribile prova: io ero convinto di aver contratto la malaria, di avere un carcinoma prostatico, di ospitare una bella neoplasia nel cranio e di soffrire di gravi problemi circolatori.

Citazione pennica: per scrivere direttamente in bella utilizzai quelle penne che hanno il gommino in testa e che si cancellano (una Paper Mate).

Era un rischio e lo corsi.

Ma firmai con la mia aurora 98 riserva magica.
Era la penna che usai per il tema e la versione della maturità, per firmare tutti i verbali degli esami universitari, per firmare la tesi e molto altro ancora !
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